Sono stati portati alla luce resti di villaggi attribuibili ad almeno due fasi dell’età del Bronzo,
Resti archeologici scoperti durante uno scavo a Carasso
Sono stati portati alla luce resti di villaggi attribuibili ad almeno due fasi dell’età del Bronzo,
Durante uno scavo a Carasso, dove è prevista la realizzazione di un complesso architettonico destinato a spazi abitativi e centro di servizi, sono emersi importanti resti archeologici attribuibili ad almeno due fasi dell’età del Bronzo. L’importanza archeologica della zona è nota da oltre mezzo secolo.
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- Durante uno scavo a Carasso, dove è prevista la realizzazione di un complesso architettonico destinato a spazi abitativi e centro di servizi, sono emersi importanti resti archeologici.
- Sono stati portati alla luce resti di villaggi attribuibili ad almeno due fasi dell’età del Bronzo,
- L’importanza archeologica della zona è nota da oltre mezzo secolo,
Il Servizio archeologia dell’Ufficio dei beni culturali del Canton Ticino sta conducendo da aprile uno scavo di salvataggio in un’area di circa duemila metri quadrati a Bellinzona, in località Carasso-Lusanico, dove è prevista la realizzazione da parte della Fondazione per l’Inclusione di un complesso architettonico destinato a spazi abitativi e centro di servizi.
I resti archeologici emersi si presentano a tratti disturbati da fenomeni di tipo alluvionale, oltre che dall’attività agricola di epoca recente. Ciò nonostante gli scavi hanno portato in luce resti di villaggi attribuibili a almeno due fasi dell’età del Bronzo, cui si aggiungono materiali archeologici che testimoniano di un’occupazione tardoromana-altomedievale.
I primi sono rappresentati da resti di acciottolati che costituivano i suoli negli edifici e probabili viottoli tra le capanne. Fosse ricolme di carboni sono quanto rimane di strutture per la cottura in fossa degli alimenti. Fra gli elementi più significativi si segnalano: un fondo di capanna con il resto di una parete rivestita d’argilla in situazione di crollo e un poderoso muraglione realizzato a secco con massicci blocchi di pietra.
Quale interpretazione del notevole manufatto si ipotizza un muro di difesa del villaggio, ma la precisa cronologia e la funzione della struttura sono ancora in corso di valutazione.
Gli strati e le strutture hanno restituito un altissimo numero di reperti archeologici. Si tratta soprattutto di resti di vasellame caratteristici per l’epoca: ampie olle in ceramica grezza destinate alla cottura e conservazione degli alimenti, ma anche piccole olle e coppe più delicate, realizzate con maggiore cura. Più rari per contro i manufatti di pietra (lamelle e schegge di selce, coti) e quasi assenti gli oggetti bronzei.
L’importanza archeologica della zona già ben nota
L’importanza archeologica della zona è nota da oltre mezzo secolo, con la scoperta nel 1968, in occasione della costruzione della Casa patriziale, di importanti resti strutturali ricollegabili all’età del Bronzo e all’alto Medioevo.
L’intensa attività edilizia che ha interessato Carasso-Lusanico negli ultimi decenni, monitorata costantemente dal Servizio archeologico cantonale, non ha fatto che confermare la persistenza in quasi tutta la zona delle tracce di attività insediativa delle due epoche menzionate, cui si aggiunge anche una serie di sepolture medievali.
Carasso-Lusanico, quartiere di Bellinzona sulla sponda destra del fiume Ticino, si iscrive nell’ampia zona alla confluenza con il Moesano, celebre a livello internazionale per aver restituito consistenti tracce archeologiche di una intensa attività antropica da riferire agli ultimi 7'000 anni.
La località stessa rappresenta un luogo ideale d’insediamento per la sua posizione soleggiata e la presenza di suoli fertili da destinare alle colture, come dimostrato in età storica dall’impianto di ampi vigneti che lentamente stanno lasciando spazio a nuove edificazioni.
Servizio archeologico cantonale al lavoro
Lo scavo – la cui conclusione è prevista per l’autunno 2023 – vede attivi Luisa Mosetti e Michele Pellegrini, collaboratori del Servizio archeologico cantonale, affiancati da un’équipe di archeologi, tecnici, studenti e operai.
La consulenza scientifica è affidata a Rosanna Janke, archeologa indipendente. La lettura geopedologica del terreno è garantita dagli specialisti Cristian Scapozza e Dorota Czerski, direttore e collaboratrice dell’Istituto scienze della Terra (IST) della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI).