75° delle Convenzioni di Ginevra Cassis redarguisce: il diritto umanitario «non può essere ignorato»

ev, ats

26.8.2024 - 14:26

Il consigliere federale Ignazio Cassis ha incontrato i membri degli altri Paesi del Consiglio di sicurezza dell'Onu in occasione della loro visita a Ginevra.
Il consigliere federale Ignazio Cassis ha incontrato i membri degli altri Paesi del Consiglio di sicurezza dell'Onu in occasione della loro visita a Ginevra.
Keystone

I Paesi del Consiglio di sicurezza dell'Onu, ad eccezione di Mosca, sono a Ginevra per i 75 anni delle Convenzioni di Ginevra. Queste ultime non sono «un diritto à la carte», ha dichiarato oggi il consigliere federale Ignazio Cassis.

ev, ats

Il responsabile del Dipartimento federale degli esteri (DFAE) ha chiesto un «segnale politico» e di «dare l'esempio».

Dal Sudan al Medio Oriente, passando per l'Ucraina e lo Yemen, «il diritto internazionale umanitario (DIU) è messo a dura prova», ha dichiarato Cassis.

Né il multilateralismo, né il diritto internazionale umanitario «sono stati in grado di prevenire» questi conflitti e «ancor meno di risolverli», ha aggiunto davanti agli Stati dell'organismo più potente del sistema internazionale e agli ambasciatori a Ginevra degli altri Paesi membri dell'Onu.

Ricordarsi delle proprie «responsabilità»

Sul Sudan, ritiene che la strada per la pace «sia lunga». Gli impegni per accessi umanitari - arrivati, la settimana scorsa, dopo dieci giorni di colloqui a Ginevra - sono «un passo nella giusta direzione» che occorre fare, ha dichiarato alla stampa.

Più in generale, il 75° anniversario delle Convenzioni di Ginevra offre «un'occasione per riaffermare le nostre responsabilità comuni» di fronte a un accordo che ha salvato «milioni di persone». Il diritto internazionale umanitario è «ignorato, relativizzato e talvolta sfruttato», ha deplorato il consigliere federale.

«Le nostre voci devono essere abbastanza potenti affinché risuonino fino ai campi di battaglia», ha aggiunto. Cassis ha ricordato che lo scorso maggio la Svizzera aveva fatto approvare dal Consiglio una risoluzione per la protezione del personale umanitario, in conformità alle Convenzioni di Ginevra.

Le voci dei presidenti

Il ministro degli affari esteri della Sierra Leone, Timothy Musa Kabba, il cui Paese detiene la presidenza del Consiglio per il mese di agosto, ha ricordato di essere stato un bambino soldato.

«Non sarei la persona che sono senza il sostegno del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) e della comunità internazionale», ha dichiarato ai partecipanti al dibattito organizzato ala Palazzo delle Nazioni.

«Non c'è alcun motivo di celebrare questo anniversario», ha insistito da parte sua la presidente del CICR Mirjana Spoljaric. Ha ribadito il suo appello lanciato due settimane fa, affinché il diritto internazionale umanitario diventi una «priorità politica», una richiesta sostenuta oggi dal consigliere federale. E che ci sia una «volontà politica» di applicare le Convenzioni di Ginevra e i loro protocolli aggiuntivi.

Russia assente

Tra i 15 membri del Consiglio, la Russia, irritata con Berna per l'Ucraina, ha declinato l'invito, considerandolo «una perdita di tempo».

«È una riunione degli Stati membri del Consiglio di Sicurezza, non del Consiglio di Sicurezza», ha dichiarato Cassis.

Il consigliere federale ha aggiunto anche «che ogni Paese doveva decidere» se partecipare o meno. A parte la Russia, gli altri Paesi erano tutti rappresentati, ma spesso solo a livello del loro numero due all'Onu a New York.

La comunità internazionale si riunirà alla fine di ottobre per la Conferenza internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa.

La Svizzera intende impegnarsi attivamente per la difesa del diritto internazionale umanitario in tale occasione e durante la seconda presidenza del Consiglio nello stesso mese. Tuttavia, Cassis non ha voluto dire di più sulle possibili iniziative che Berna potrebbe prendere.

Punire le «gravi violazioni»

Le Convenzioni di Ginevra del 1949, ratificate dai vari Stati, sono vere e proprie leggi di guerra. Esse stabiliscono limiti di ciò che è autorizzato in un conflitto.

Queste regole, che hanno anche istituito gli emblemi umanitari, proteggono prima di tutto le persone che non partecipano o non partecipano più alle ostilità. Tra queste vi sono i civili, il personale umanitario, i soldati messi fuori combattimento, i feriti e prigionieri di guerra.

Le quattro Convenzioni e i protocolli aggiuntivi mirano a impedire o punire le «violazioni gravi». In particolare, sono vietati gli attacchi indiscriminati contro i civili – che sono stati, con questo strumento, protetti per la prima volta da un accordo internazionale – contro i centri sanitari e contro le infrastrutture civili.

I prigionieri di guerra devono essere trattenuti in maniera umana. Le Convenzioni regolano in particolare i limiti al lavoro dei prigionieri, le loro risorse finanziarie, l'assenza di perseguimento nei loro confronti, la loro liberazione e rimpatrio una volta terminate le ostilità.

Questi accordi hanno stabilito anche gli obblighi di una potenza occupante nei confronti della popolazione civile, come anche gli aiuti umanitari che le vanno garantiti.