Svizzera Legge cinema, «Netflix e simili investano nei film svizzeri»

mh, ats

16.9.2021 - 11:38

Una sala cinematografica zurighese
Una sala cinematografica zurighese
Keystone

Le piattaforme di streaming, come Netflix o Disney, devono investire il 4% del loro reddito lordo generato in Svizzera nella produzione di film elvetici indipendenti.

mh, ats

Il Consiglio nazionale si è allineato oggi agli Stati nell'ambito della revisione della legge sul cinema.

Il progetto è stato voluto dal Governo per proteggere il settore. L'obbligo dovrebbe contribuire a creare condizioni analoghe per i fornitori svizzeri ed esteri e, dall'altro, a rafforzare l'industria cinematografica elvetica in modo duraturo, ha spiegato Matthias Aebischer (PS/BE) a nome della commissione.

Una minoranza di destra – formata dall'UDC e da parte del PLR – era contraria. Se il cinema svizzero fosse così creativo come le sovvenzioni non dovremmo occuparci di questo tema, ha affermato ironico Peter Keller (UDC/NW), aggiungendo che «questo cinema svizzero indipendente è dipendente dalla sovvenzioni statali». Alla fine a pagare saranno i cittadini con il canone e gli abbonati, ha sostenuto.

La Svizzera farebbe bene ad avere un buon rapporto con queste piattaforme, senza punirle ma collaborando con loro, ha da parte sua rilevato Christian Wasserfallen (PLR/BE). Il cinema svizzero riceve 150 milioni di franchi all'anno, ha poi ricordato. «Quali film o serie svizzere avete visto negli ultimi anni? Ebbene, questi 150 milioni bastano».

«Perché non dobbiamo preoccuparci di più della nostra industria cinematografica indigena e della nostra creazione?», si è invece chiesta Lilian Studer (Centro/AG). Questo tipo di tasse esistono in tutti i paesi vicini. Basti pensare che in Francia sono al 26%, mentre in Italia al 20%, e gli abbonamenti a Netflix sono più bassi che da noi, ha fatto notare Isabelle Chevalley (PVL/VD).

Oltretutto, ha aggiunto Fabien Fivaz (Verdi/NE), investire non significa tassare, le aziende sono libere di scegliere su quale progetto puntare. Per Sandra Locher Benguerel (PS/GR) si tratta di operare ad armi pari, fra emittenti svizzere ed estere. Oggi le piattaforme guadagnano milioni che esportano fuori dai nostri confini, ha ricordato, aggiungendo che «con i film svizzeri voliamo trasmettere i valori e la cultura del nostro paese.»

Anche il consigliere federale Alain Berset ha parlato dei Paesi vicini, che dispongono di norme analoghe con obblighi di investimento molto più elevati. È importante non avere uno scarto troppo grande con l'estero, ha ammonito.

La proposta di Wasserfallen di non introdurre nessun obbligo di investimento è stata bocciata con 121 voti a 65 e 5 astensioni. Una richiesta di ridurre il contributo al 2%, anziché il 4%, è stata anch'essa respinta, con 119 voti a 71.

Se i fornitori di streaming non vogliono investire, potranno versare una tassa sostitutiva all'Ufficio federale della cultura (UFC). Questo prelievo potrà essere richiesto se gli investimenti non vengono effettuati entro quattro anni. In prima lettura il Nazionale aveva optato per un obbligo fissato all'1% del fatturato realizzato in Svizzera, mentre gli Stati avevano scelto il 4%.

Le esenzioni dall'obbligo di investire nel cinema svizzero saranno limitate e solo la SSR ne sarà esentata. La Camera del popolo aveva inizialmente aggiunto alla lista le reti televisive regionali e le società che operano o investono in reti. Alla fine ha però seguito gli Stati con 110 voti a 77.

Si è allineata alla Camera dei cantoni anche in merito alle prestazioni pubblicitarie computabili. Potrà essere presa in considerazione la promozione di film svizzeri fino a un importo massimo di 500'000 franchi all'anno. Philipp Kutter (PLR/ZH) avrebbe voluto aumentare questo importo a 1 milione di franchi. La sua proposta è stata respinta con 106 voti a 85.

Le società di streaming dovranno inoltre garantire che almeno il 30% della loro programmazione sia dedicata a film europei, che devono essere designati come tali e facili da trovare. Questa misura è stata voluta per contrastare il rischio di una monocultura e per difendere le specificità svizzere, ha rilevato Berset. Si tratta anche di una condizione per entrare nel programma europeo Creative Europe.

Le sezioni giovanili di PLR, UDC e Verdi Liberali hanno annunciato che avrebbero lanciato un referendum nel caso di adozione di un tasso del 4%, temendo che alla fine siano i consumatori a dover finanziare la misura con abbonamenti più cari.

Il dossier torna agli Stati.