PandemiaI commercianti svizzeri chiedono la fine della chiusura dei negozi
ot, ats
5.2.2021 - 20:31
In una presa di posizione pubblicata oggi, l'associazione svizzera del commercio al dettaglio chiede la fine delle chiusure di negozi a livello nazionale.
Dopo circa un anno, ci si deve rendere conto che il virus è in continua mutazione e che i «lockdown» non sono una strategia sostenibile e proporzionata. È quindi necessario un cambiamento di paradigma, scrive in un comunicato la Swiss Retail Federation, che riunisce circa 5500 aziende. L'associazione di categoria ricorda che, con circa 310'000 posti di lavoro, il commercio al dettaglio è il più grande datore di lavoro privato in Svizzera.
Invece di chiusure generalizzate, sono auspicati concetti di protezione per tutti i negozi e una prospettiva per il settore a partire dal primo di marzo. Fra le altre cose, sono richiesti anche test più ampi e una migliore tracciabilità dei contatti.
Chiusi 10'000 negozi, perdita di 800 milioni a settimana
Secondo la federazione, dal 18 gennaio in tutta la Svizzera sono stati chiusi dalla Confederazione oltre diecimila negozi del commercio al dettaglio che non vendono alimenti o beni di uso quotidiano. Per il settore si registra una perdita di circa 800 milioni di franchi a settimana, sottolinea il comunicato odierno.
Per la chiusura fino alla fine di febbraio, la seconda dopo quella della scorsa primavera, si stima una perdita di fatturato di circa 4,8 miliardi di franchi, con profonde conseguenze. Nonostante il regolamento per i cosiddetti casi di rigore, il commercio al dettaglio deve sostenere i costi fissi, che per molti negozi sono coperti solo in misura del 2 al 9%.
Un'estensione del periodo di chiusura o un successivo rinnovato blocco distruggerebbe le prospettive future delle aziende, scrive la Swiss Retail Federation. E con tali misure lo Stato svizzero avvantaggia artificiosamente i rivenditori online stranieri come Zalando o Amazon.
Per l'associazione di categoria è incomprensibile che i negozi di vestiti, di scarpe e di libri siano chiusi, mentre gli studi di tatuaggi e di erotismo possono in linea di massima rimanere aperti. Viene quindi auspicata una regolamentazione «coerente e basata sul rischio».
La federazione motiva le richieste sottolineando che il virus SARS-CoV-2 non scompare da un giorno all'altro con un blocco delle attività. Un cambiamento di paradigma è quindi necessario, lontano dalla pratica di «chiusura-apertura-chiusura».