Epidemia Covid: più controlli alle frontiere e più test

falu, ats

24.1.2021 - 11:02

I presidenti di tutti i grandi partiti elvetici hanno rotto un tabù e chiesto l'introduzione di un sistema di test alle frontiere.
I presidenti di tutti i grandi partiti elvetici hanno rotto un tabù e chiesto l'introduzione di un sistema di test alle frontiere.
Keystone

Per frenare il coronavirus sono necessari più controlli alle frontiere e test regolari ai frontalieri, ma anche nelle case di cura, a scuola e sul posto di lavoro.

Lo scrivono oggi alcuni domenicali, secondo cui decisioni in questo senso potrebbero essere già prese mercoledì prossimo dal Consiglio federale.

In una lettera congiunta indirizzata al governo, i presidenti di tutti i grandi partiti elvetici hanno rotto un tabù e chiesto l'introduzione di un sistema di test alle frontiere e regole di quarantena più severe, secondo quanto riferisce oggi la SonntagsZeitung.

Finora solo l'UDC aveva insistito su questa strada, ma il domenicale precisa che ora anche i presidenti degli altri partiti di governo, nonché Verdi e Verdi Liberali, hanno auspicato misure più restrittive per i turisti e per chi attraversa il confine.

La lettera, visionata anche dall'agenzia Keystone-ATS, è stata firmata dai presidenti di sei partiti: UDC, PS, Alleanza del Centro, PLR, Verdi e Verdi Liberali.

Misure più severe alle frontiere

Coloro che desiderano entrare in Svizzera, via terra o via aerea, dovrebbero presentare il risultato di un test PCR effettuato in precedenza o sottoporsi a un test rapido sul posto. Inoltre, è da prevedere una quarantena anche in caso di risultato negativo al tampone.

Questa misura dovrebbe applicarsi ai cittadini di praticamente tutti i Paesi, sostiene il presidente dei Verdi Liberali Jürg Grossen, tra i promotori della lettera, citato dal giornale. Ciò scoraggerà i turisti a venire in Svizzera per le vacanze, ma si tratta di un passo definito necessario «perché solo in questo modo possiamo proteggere la salute della popolazione e l'effetto delle nostre misure. L'esperienza delle ultime settimane lo ha dimostrato», aggiunge Grossen.

L'ingresso in Svizzera per escursioni anche giornaliere – per sciare, ad esempio – sarebbe ancora possibile previa esibizione di un tampone negativo, spiega Grossen, contattato dall'agenzia Keystone-ATS. In questo modo, è possibile evitare la presenza di superdiffusori come avvenuto recentemente a Wengen (BE) e St. Moritz (GR).

Secondo la co-presidente del PS, Mattea Meyer, il sistema deve essere molto «più severo delle regole di quarantena attualmente in vigore». Per la presidente del PLR Petra Gössi «il Consiglio federale deve finalmente creare regole chiare per le persone che entrano in Svizzera». Quest'ultima rimane tuttavia dell'idea che le frontiere non debbano restare restare chiuse. È però importante effettuare molti più test rapidi ai confini «per la sicurezza della Svizzera e per ridurre il numero di casi».

Quarantene «light»

Il sistema proposto nella lettera dai presidenti dei partiti prevede anche l'introduzione di una quarantena «light» a seconda della situazione epidemiologica. «L'obbligo significa che, a parte i frontalieri e i viaggiatori d'affari giornalieri, chiunque entri in Svizzera deve mettersi in quarantena per almeno cinque giorni», precisa Grossen.

Tra questi rientrano anche i residenti svizzeri di ritorno dall'estero. I presidenti dei partiti chiedono in questi casi una quarantena di cinque giorni, che può però essere revocata dopo un test PCR negativo.

Nel regime di quarantena «light» sarebbe comunque possibile uscire di casa per fare movimento, sport, o anche solo «per prendere un po' di aria fresca», ma non per fare acquisti.

Tamponi sistematici ai frontalieri

Le misure più severe alle dogane devono colpire anche i frontalieri che ogni giorno varcano il confine per lavorare in Svizzera, seppur provenienti da aree ad alto rischio. Finora tutti i partiti nazionali, tranne l'UDC (e in Ticino la Lega), hanno respinto con forza l'idea di imporre regole anche ai frontalieri: nella lettera inviata al Consiglio federale, tuttavia, i presidenti dei partiti hanno ora concordato che essi devono essere sistematicamente testati.

Per Grossen «le aziende che impiegano pendolari transfrontalieri dovrebbero essere obbligate a far testare i loro dipendenti ogni tre giorni. Lo stesso dovrebbe valere per gli hotel che ospitano viaggiatori d'affari».

Test rapidi anche nelle case di cura

Secondo quanto pubblicato oggi dai domenicali Le Matin Dimanche e Sonntagsblick, l'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) sta studiando la possibilità di estendere l'uso dei test rapidi. In un progetto di ordinanza, l'UFSP invita i cantoni a effettuare regolarmente dei test nelle case di cura, nelle scuole e anche nelle aziende. I costi sarebbero assunti dalla Confederazione.

Il Consiglio federale potrebbe già prendere delle decisioni nel corso della prossima seduta. Questa svolta nella strategia per affrontare la pandemia segue il modello adottato nei Grigioni, il quale effettuerà prove su larga scala – 20'000 test a settimana – a partire da mercoledì prossimo.

«Se riusciamo a testare regolarmente il 30% della popolazione mobile, saremo in grado di mantenere il tasso di positività e il valore R in modo sostenibile, anche dopo l'apertura di negozi e ristoranti», spiega Martin Bühler, capo dello Stato maggiore di condotta cantonale grigionese, citato sulle colonne del SonntagsBlick.

Per mesi poco considerati dal consigliere federale e «ministro» della sanità Alain Berset, i test a tappeto potrebbero dunque essere presto realtà: si tratta di un dietrofront, da parte del Consiglio federale, con l'obiettivo di uscire da questa spirale di restrizioni e confinamenti. Un cambiamento di strategia approvato anche dai cantoni, a detta del direttore della Conferenza dei direttori cantonali della sanità pubblica, Lukas Engelberger, contattato dal domenicale zurighese.

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