Governo federale verso le riaperture È il momento giusto per abolire il certificato Covid?

Di Andreas Fischer

2.2.2022

Alain Berset (foto d'archivio)
Alain Berset (foto d'archivio)
KEYSTONE/ANTHONY ANEX

Migliaia di certificati Covid stanno scadendo e il Consiglio federale sta valutando la fine dell'obbligo di avere questo documento. Heiner Bucher, capo dell'Istituto di epidemiologia clinica di Basilea, è molto critico sull'argomento, ciò alimenterebbe un'«infezione endemica mirata».

Di Andreas Fischer

2.2.2022

Poiché il periodo di validità è stato ridotto a 270 giorni, il 1° febbraio circa 250'000 persone in Svizzera hanno perso il certificato Covid. Si potrebbero aggiungere tra le 35'000 e le 70'000 persone ogni settimana, secondo i calcoli della SRF. Affinché il certificato rimanga valido, si può fare il booster o dimostrare di aver contratto l'infezione.

Poiché il numero di casi di SARS-CoV-2 è aumentato notevolmente a causa della variante Omicron, sorge spontanea la domanda se il certificato abbia ancora un effetto frenante sulla diffusione del virus.

«Siamo in una fase di transizione, poiché la protezione immunitaria nelle persone che sono state vaccinate due volte è spesso insufficiente e Omicron porta a un alto tasso di infezione nella popolazione. L'importanza del certificato sarà quindi presto messa in prospettiva», afferma Heiner Bucher, capo dell'Istituto di epidemiologia clinica e biostatistica di Basilea, in un'intervista a blue News.

Nel frattempo, il Consiglio federale starebbe valutando la fine dell'obbligo del certificato Covid, come riporta il «Tages-Anzeiger», citando fonti pervenute da Palazzo federale. Il ministro della salute Alain Berset avrebbe in programma di presentare già questo mercoledì un piano per abolire l'obbligo dei certificati.

Da parte loro gli esperti dell'Ufficio federale della sanità, come hanno affermato davanti ai media ieri, martedì, credono che il certificato abbia ancora senso, ma che alcune misure andrebbero riviste.

L'obbligo di certificato cadrebbe al più presto a metà febbraio

Tuttavia, il piano dovrebbe essere prima messo in consultazione con i Cantoni. Il Governo, che prevede di riunirsi su questi temi sia oggi 3 febbraio, che fra due settimane, potrebbe quindi prendere una decisione al più presto a metà febbraio.

«Dovrebbe prima essere svolta una consultazione con i Cantoni sulle misure per allentare il certificato Covid «2G/2G+» per alcune aree interne», conferma a blue News Tobias Bär il portavoce della Conferenza delle direttrici e dei direttori cantonali della sanità (CDS).

L'epidemiologo Bucher ritiene che non sia ancora il momento giusto per revocare l'obbligo del certificato: «Penso che il certificato non sia attualmente una garanzia "ottimale" di protezione effettiva, soprattutto per le persone che sono state vaccinate solo due volte, perché la protezione immunitaria è diminuita nel tempo. Ma penso che sia prematuro revocare l'obbligo di ottenerne uno, poiché esistono ancora prove di protezione immunitaria».

«Infezione endemica mirata dell'intera popolazione»

Scettico anche il CDS: «L'obbligo di avere un certificato garantisce che solo le persone guarite e vaccinate si incontrino nel ristorante. Queste persone sono significativamente più protette contro un decorso grave della malattia, soprattutto se hanno ricevuto il booster. Anche per questo motivo potrebbe essere opportuno attendere che la circolazione del virus sia diminuita in modo duraturo prima di revocare l'obbligo del certificato su suolo nazionale».

Il controllo dei certificati Covid è ancora attivo, ma presto potrebbe finire.
Il controllo dei certificati Covid è ancora attivo, ma presto potrebbe finire.
Keystone

Dopotutto, lo sviluppo «consente un certo ottimismo», afferma Tobias Bär. «Attualmente abbiamo a che fare con un numero molto alto di casi, ma allo stesso tempo la situazione negli ospedali è stata finora sotto controllo».

Heiner Bucher contraddice questa valutazione: «Siamo in una fase di transizione: il virus viene autorizzato a circolare. Anche se non è stato messo in questo modo, si tratta dell'infezione endemica mirata dell'intera popolazione».

L'immagine della pandemia non è chiara

È un problema «che non sappiamo ancora se abbiamo raggiunto il picco dell'ondata. Se ci sono tanti nuovi contagi, ci sono anche più ricoveri: al momento la situazione negli ospedali è ancora tesa», dice Bucher, sottolineando esplicitamente che «attualmente in Svizzera non abbiamo più un quadro esatto della pandemia. Con un tasso così alto di infezione causato da Omicron, il numero di infezioni non denunciate è molto alto».

Una mancanza di capacità di test oscurerebbe anche l'entità delle nuove infezioni. «C'è anche un ritardo nella segnalazione dei ricoveri. A causa del decorso della malattia, i ricoveri sono sempre ritardati e riflettono il numero di infezioni gravi causate da nuove infezioni due settimane prima».

Per questi motivi Bucher è scettico su un possibile «Freedom Day» svizzero, come suggerito da Alain Berset la scorsa settimana.

«Penso che l'allentamento pianificato a metà febbraio sia prematuro. Se dovesse esserci un allentamento, penso che questa sia più una decisione politicamente giustificata o una decisione di pancia. A mio avviso, l'attuale situazione dei dati è troppo incerta per poter escludere con sufficiente certezza il sovraccarico dei reparti di terapia intensiva. Qualsiasi allentamento attualmente porta a più infezioni».

Secondo gli esperti della Confederazione, che si sono espressi nella ormai tradizionale conferenza stampa del martedì, il picco dell'ondata Omicron non è ancora stato raggiunto.

Entro fine marzo la Svizzera potrebbe essere fuori pericolo?

Danimarca e Inghilterra hanno un'opinione diversa e infatti hanno revocato la maggior parte delle misure. Ma ci sono differenze cruciali rispetto alla Svizzera, come spiega Bucher: «La copertura vaccinale è più alta in entrambi i paesi. In Inghilterra c'è anche una situazione di dati completamente diversa: lì la situazione epidemica può essere modellata 1:1 a livello della popolazione totale».

In questi Paesi si «sa di più sullo stato socioeconomico e sull'età di chi viene infettato e qual è il rischio per la salute delle persone. Ciò consente di modellare molto meglio i ricoveri e le complicanze attese nel prossimo futuro. La Svizzera, invece, è in una pessima posizione per quanto riguarda le statistiche, come sappiamo da tempo. Questo è un peccato, ma è politicamente voluto ed è correlato all'organizzazione e alla responsabilità federali nel sistema sanitario».

«Tra due o quattro settimane, tuttavia, potremmo essere senz'altro così lontani, da rendere giustificabile un allentamento, perché in tal caso si potrà escludere con sufficiente certezza un sovraccarico delle unità di terapia intensiva». Bucher è comunque cautamente ottimista: «Se siamo fortunati, saremo fuori dai guai entro la fine di marzo. Ma fino ad allora potrebbe essere ancora critico».