L'iniziativa popolare «Per il divieto di finanziare i produttori di materiale bellico» va bocciata poiché danneggia il settore finanziario elvetico. Lo ha deciso oggi il Consiglio nazionale, rinunciando nel contempo a proporre un controprogetto.
La decisione non costituisce una sorpresa: già ieri, dopo il primo giorno di dibattiti, si era capito che il destino della proposta di modifica costituzionale del Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE) e del suo controprogetto erano segnati. Oggi al voto l'iniziativa è stata respinta con 120 voti a 71 e 2 astenuti, il controprogetto con 105 voti a 87.
L'iniziativa, forte di 104'612 adesioni, vuole vietare alla Banca nazionale svizzera e alle Casse pensione di investire nelle imprese che realizzano oltre il 5% del loro giro d'affari annuo con la fabbricazione di materiale bellico.
Tale limite è stato definito «arbitrario» oggi dal relatore commissionale Rocco Cattaneo (PLT/TI). Il ticinese ha sostenuto come sia difficile controllare ogni anno se ogni singola impresa sia sopra o sotto tale soglia, senza contare l'enorme dispendio amministrativo e burocratico che ciò richiederebbe.
Il consigliere federale Guy Parmelin ha da parte sua evidenziato come l'iniziativa non tiene conto delle imprese che producono sia per il settore militare che per quello civile.
Gli istituti di previdenza dovrebbero inoltre abbandonare la loro attuale strategia di investimento in fondi diversificati ed economici, ha proseguito Parmelin. Dovrebbero limitarsi ad investire in singoli titoli. Ciò comporterebbe un forte aumento dell'onere amministrativo.
Parmelin ha poi sottolineato come la Svizzera abbia già introdotto un divieto di finanziamento concernente armi atomiche, biologiche e chimiche nonché munizioni a grappolo e mine antiuomo, che ha dimostrato la sua validità. Insomma, l'iniziativa è un mostro burocratico che mira a obiettivi sostanzialmente già oggi in vigore, ha aggiunto Cattaneo.
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