Sorveglianza discutibile?I servizi segreti svizzeri ora spiano gli animalisti
tafi
6.12.2020
Il Servizio delle attività informative della Confederazione aumenta il personale e identifica una nuova minaccia per la sicurezza del Paese: da quest'estate gli attivisti per la protezione degli animali sono nella lista nera dei servizi segreti svizzeri.
Se ad alcuni sembra un'esagerazione, altri temono la radicalizzazione e atti di violenza. Secondo alcune ricerche condotte dal «Tages-Anzeiger», il Servizio delle attività informative della Confederazione sta fortemente ampliando le attività di sorveglianza. Nel mirino del servizio di sicurezza dello Stato c'è adesso un'organizzazione di protezione degli animali le cui attività venivano, fino a poco tempo fa, considerate di «disobbedienza civile».
269 Libération Animale, o 269 LA, è il nome del gruppo di attivisti per la protezione degli animali che, secondo il «Tages-Anzeiger», è da diversi mesi sulla lista segreta di sorveglianza del Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC). Gli attivisti si ritrovano accostati a islamisti e estremisti di sinistra e di destra e vengono considerati come una minaccia per la sicurezza interna della Svizzera.
Spiati con tutti i mezzi
Su richiesta della ministra della Difesa Viola Amherd, il Consiglio federale avrebbe deciso, l'estate scorsa, di inserire 269 LA nella lista dei sospettati. Da allora, il SIC, che in circostanze normali non è autorizzato a controllare le attività politiche nel Paese, può «raccogliere ed elaborare tutte le informazioni disponibili». In pratica gli attivisti vengono spiati attraverso tutti gli strumenti di intelligence.
In realtà la sezione svizzera del gruppo, fondato in Francia nel 2016, ha già fatto scalpore. Nel novembre del 2018, circa 130 attivisti hanno occupato un mattatoio nel Canton Soletta. La polizia ha evacuato l'area e finora 125 persone sono state condannate a sanzioni pecuniarie sospese per sentenza penale. 269 LA è anche responsabile di danni materiali e atti di vandalismo contro alcune macellerie, soprattutto nella Svizzera romanda. Non è stato però compiuto nessun atto di violenza contro persone.
269 LA era già nel mirino del SIC nel suo rapporto annuale sulla situazione per il 2019, ma il servizio di intelligence considerava le sue azioni - inclusa l'occupazione dei mattatoi - come «disobbedienza civile» e aveva stabilito che l'organizzazione aveva un basso livello di criminalità. Il Consiglio federale riteneva anche che non fosse necessario prendere provvedimenti: «Dopo una fase intermedia nel 2018, gli atti di violenza sarebbero diminuiti», secondo quanto riporta il «Tages-Anzeiger» in base alla risposta del governo a un'interrogazione nel maggio del 2019.
Il timore della radicalizzazione
Un anno e mezzo dopo, gli attivisti per la protezione degli animali diventano una minaccia per la sicurezza interna ed estera della Svizzera. Non è chiaro a tutti: il gruppo denuncia gli abusi commessi nei mattatoi, cosa che porta anche a danni materiali, riconosce la consigliera nazionale Meret Schneider (Verdi), intervistata dal «Tages-Anzeiger». Tuttavia, sostiene, il gruppo si dissocia completamente da qualunque atto di violenza contro persone o altri esseri viventi. «Il fatto che i servizi di intelligence stiano controllando questo gruppo mi sembra quindi molto discutibile. È come usare un martello per schiacciare una mosca».
Jacqueline de Quattro la vede diversamente: l'ex capo del Dipartimento di sicurezza del Canton Vaud, che rappresenta il PLR al Consiglio nazionale, teme «che individui violenti si infiltrino nelle organizzazioni animaliste e li radicalizzino o commettano violenze». Secondo lei è legittimo che il SIC intraprenda azioni contro questo rischio, purché nel rispetto della legge.
La Confederazione vuole rafforzare il SIC
L'ampliamento delle attività dei servizi di intelligence non è un caso. In dieci anni il numero di posti a tempo pieno all'interno del SIC è aumentato di quasi il 50%, passando dai 237 del 2010 ai 350 di oggi. Il personale dovrebbe aumentare ulteriormente in futuro.
Il Consiglio federale intende creare 60 nuovi posti in vista del 2023. Secondo quanto riferisce il «Tages-Anzeiger», benché il progetto debba ancora essere approvato dal parlamento, le commissioni delle finanze del Consiglio nazionale e del Consiglio degli Stati hanno già dato un sostegno «incondizionato».