Malgrado la corsa della popolazione a consultare i media per avere notizie sulla pandemia, le loro entrate continuano a calare.
Stando a uno studio pubblicato oggi dall'Istituto di ricerca di opinione pubblica e società (Fög) dell'università di Zurigo, chi naviga su internet è raramente disposto a pagare per l'informazione e sono necessarie altre misure di sostegno per il settore e nuove modalità di pagamento.
Nessun evento ha avuto un impatto così forte sui media svizzeri negli ultimi dieci anni come il Covid-19, rilevano gli esperti del Fög nel loro rapporto annuale sulla qualità delle testate. La crisi sta spingendo sempre più persone a consultarli e la necessità di attingere a fatti verificati e a notizie affidabili è in aumento.
Indipendentemente dalla loro età, le persone si fidano dei canali di informazione tradizionali. Il 44% degli interpellati ha fiducia in loro, mentre solo il 19% ne ha dei social media. Nonostante l'elevata qualità della copertura mediatica della pandemia, l'aumento del numero di lettori non può compensare il calo dei ricavi pubblicitari, rilevano gli esperti. Peggio ancora, la crisi sta rendendo oltremodo precaria la situazione finanziaria del giornalismo d'informazione.
Giovani e notizie pronte al consumo
La corsa senza precedenti dei giovani verso i media tradizionali, registrata in questi mesi, è però solo puntuale, secondo il Fög. Per gli autori dello studio, essi si concentrano su temi di grande impatto, come ad esempio lo sciopero del clima o #Metoo, quando le informazioni riportate dai media sono compatibili con la loro identità o il loro ambiente sociale.
Preferiscono inoltre informazioni «pronte al consumo», facili da capire e semplici da integrare nella loro vita quotidiana. Sono disposti a pagare solo se i contenuti giornalistici provenienti da diversi media vengono offerti su un'unica piattaforma con un unico prezzo forfettario.
Di fronte al calo delle entrate pubblicitarie, hanno guadagnato terreno nuovi modelli di abbonamento online. Ma solo il 13% degli interpellati afferma di essere disposto a pagare per le informazioni che consulta su internet. Questa quota è aumentata solo di poco nel 2020 rispetto al 2016 (10%). Le giovani donne tra i 18 e i 24 anni sono le più propense a farlo (19%). Secondo il Fög c'è pertanto la speranza che arrivi una nuova generazione disposta a spendere per essere informata, magari facendo capo a piattaforme di notizie simili al servizio di streaming musicale Spotify.
Meno contestualizzazione, meno diversità
Nel suo rapporto annuale, il Fög rileva poi una forte dipendenza dei media dagli esperti e si dice preoccupato per il fatto che la contestualizzazione dei fatti è fortemente diminuita negli ultimi anni. Nel 2019, il 14% dei contributi giornalistici erano finalizzati alla contestualizzazione di una notizia. Nel 2015 questo tasso era ben più alto, pari al 36%.
Un altro sviluppo decisamente inquietante per i ricercatori è il costante declino della diversità dei media. Tra il 2017 e il 2019 la percentuale di articoli condivisi da più titoli è più che raddoppiata, passando dal 10% al 21%. Nella copertura della politica nazionale, questa quota è addirittura passata dal 21 al 41%.
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