Svizzera L'UDC vuole controlli sistematici alle frontiere, in cantiere un'iniziativa

ev, ats

18.5.2024 - 15:49

La sua attuazione sarebbe tuttavia in contrasto con l'accordo di Schengen (immagine illustrativa).
La sua attuazione sarebbe tuttavia in contrasto con l'accordo di Schengen (immagine illustrativa).
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L'UDC vuole controlli sistematici alle frontiere svizzere: i delegati decideranno a Basilea il 25 maggio il lancio di una «iniziativa per la protezione delle frontiere». La sua attuazione sarebbe tuttavia in contrasto con l'accordo di Schengen.

Keystone-SDA, ev, ats

Nel 2005, popolo e Cantoni hanno votato a favore dell'associazione agli accordi di Schengen e Dublino che riguardano la libertà di circolazione e l'asilo entrati poi in vigore quindici anni fa.

Da quando Bulgaria e Romania hanno aderito all'area Schengen, il 31 marzo 2024, 29 Paesi europei – 25 Stati dell'Unione europea (Ue) più Norvegia, Islanda, Liechtenstein e Svizzera – hanno formato l'area Schengen, nella quale, secondo la Commissione europea, vivono circa 425 milioni di persone.

I due Stati aggiunti di recente non sono ancora completamente integrati. Sono stati aboliti solo i controlli alle frontiere aeree e marittime quando si viaggia da uno Stato Schengen. I controlli delle persone continuano a essere effettuati alle frontiere terrestri.

Abolizione delle frontiere interne

L'accordo di Schengen è stato firmato nell'omonima città del Lussemburgo nel 1985 da Germania, Francia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo. Il suo obiettivo principale è l'abolizione dei controlli alle frontiere interne. I controlli sono effettuati solo alle frontiere esterne dell'area Schengen.

L'accordo di Dublino invece riguarda l'asilo. Esso stabilisce che una persona che chiede asilo può presentare domanda solo in un Paese dell'area Dublino.

La Svizzera può quindi rinviare una persona che ha già presentato una richiesta di asilo in un Paese dell'area Dublino a questo Stato. L'accordo mira a evitare che due Paesi esaminino contemporaneamente la stessa domanda d'asilo.

L'UDC chiede controlli sistematici

Il testo dell'iniziativa presentato ai delegati dell'UDC chiede controlli sistematici alla frontiera elvetica, aveva comunicato la stessa Unione democratica di centro in gennaio.

Inoltre, alle persone che entrano in Svizzera attraverso un Paese terzo considerato sicuro non verrebbero concessi né l'ingresso né l'asilo. Il testo vuole anche fissare un tetto massimo di 5000 richieste d'asilo accolte all'anno.

I controlli sistematici alle frontiere non sarebbero tuttavia compatibili con l'accordo di Schengen. Quest'ultimo infatti prevede l'introduzione temporanea di tali controlli solo in caso di pericolo alla sicurezza interna.

A metà maggio, otto Paesi si sono avvalsi di questa possibilità, secondo il sito web della Commissione europea. La maggior parte l'aveva giustificata con una minaccia terroristica o una pressione migratoria.

Tra gli altri, la Germania, effettuerà probabilmente controlli sulle persone al confine svizzero fino al 15 giugno.

Danni economici in caso di uscita

Diversi anni fa, il Consiglio federale ha commissionato un rapporto sulle conseguenze economiche e finanziarie in caso di uscita da Schengen/Dublino. Il documento, presentato nel 2018, indicava che il prodotto interno lordo (Pil) della Svizzera diminuirebbe tra l'1,6 e il 3,7% entro il 2030.

Altre conseguenze sarebbero l'aumento del tempo e del denaro speso per attraversare le frontiere e l'aumento dei costi nel settore dell'asilo. Le autorità di polizia perderebbero anche l'accesso al sistema informativo di Schengen, il che porterebbe a un indebolimento della sicurezza all'interno della Svizzera, indicava il rapporto.

Un precedente

Un'iniziativa dell'UDC ha già provocato in passato attriti tra la Svizzera e l'Ue. Il 9 febbraio 2014, il popolo svizzero ha accettato l'iniziativa «contro l'immigrazione di massa», un testo in conflitto – secondo la Commissione europea – con il principio della libera circolazione delle persone.

L'attuazione dell'iniziativa è durata oltre due anni, durante i quali il Consiglio federale e il Parlamento hanno cercato una soluzione compatibile con la libera circolazione delle persone. Alla fine, il Parlamento ha attuato l'iniziativa con il meccanismo della priorità ai lavoratori indigeni.