Dibattito Blocher-Zimmermann «La situazione è peggiorata per gli svizzeri» - «È falso»

Di Anna Kappeler

8.6.2020

Queste due personalità hanno acquisito una certa notorietà nel Paese per via delle politiche europee: Christoph Blocher ha fatto precipitare l’adesione all’EEE, Laura Zimmermann e il suo movimento politico «Operazione Libero» hanno impedito l'attuazione e l'iniziativa di autodeterminazione. Ne discutono.

Signora Zimmermann, il signor Blocher ha affossato lo SEE mentre per lei l’UE rappresenta il futuro. Malgrado tutto, in cosa Blocher ha ragione nelle sue critiche nei confronti dell’Unione europea?

Zimmermann: Il signor Blocher ha deciso all’epoca di non impegnarsi attivamente contro gli accordi bilaterali I, il che è stata una buona cosa. E ha assolutamente ragione quando afferma che quella della politica europea è una questione di libertà. Però, semplicemente, la mia concezione di libertà è diversa dalla sua.

Signor Blocher, quando sente parlare di UE le si drizzano i capelli sulla testa. Ciò nonostante, in cosa la signora Zimmermann ha ragione quando afferma che il futuro possa passare per una collaborazione con l’Unione europea?

Blocher: Può essere il suo progetto, ma un’adesione della Svizzera non rappresenta il futuro, bensì la perdita di uno Stato libero, democratico e indipendente. L’adesione allo Spazio economico europeo (SEE) avrebbe rappresentato la tappa preliminare di un processo di adesione all’UE. Ecco perché gli svizzeri l’hanno rifiutata con una partecipazione di quasi l’80%. L’UE comincia anche a sgretolarsi sempre più, non è l’uovo di Colombo.

Gli accordi bilaterali I, accettati 20 anni fa dalla popolazione (il 21 maggio 2000), furono una conseguenza del rifiuto di aderire allo SEE. Nell’ottica attuale, quel «Sì» fu una buona cosa?

Zimmermann: Sì, certamente, anche se la soluzione istituzionale con gli accordi bilaterali mostra oggi i suoi limiti. Abbiamo tuttavia perso circa 10 anni con ulteriori negoziati che sono stati necessari in ragione del «no» all’adesione allo SEE. L’accesso al mercato interno era però stato garantito con il primo pacchetto di accordi bilaterali. Gli anni Novanta passeranno alla storia come un decennio perduto. Ero certamente ancora troppo giovane per capire, ma il «Blick» scriveva all’epoca: «Aiuto, la Svizzera va verso la rovina»!

Breve spiegazione: accordi bilaterali I
Keystone

Esattamente 20 anni fa, gli elettori e le elettrici svizzeri accettavano gli accordi bilaterali I. Essi trattavano, oltre alla libera circolazione delle persone, le questioni degli ostacoli tecnici al commercio, dei mercati pubblici, dell’agricoltura, dei trasporti terresti e aerei così come la ricerca. I sette accordi sono tutti legati l’uno all'altro.

Blocher: Ero attivo sui mercati internazionali in quanto esportatore negli anni Novanta. Avrei dovuto dunque scomparire se le cose fossero state come descritto dalla signora Zimmermann. Non è andata così. La Svizzera è caduta in una fase di recessione all’inizio degli anni Novanta come conseguenza di un surriscaldamento dell’economia alla fine degli anni Ottanta. Avevamo in quel periodo un tasso d’inflazione che arrivava fino al 7%. La congiuntura ha ripreso nel 1997. La Svizzera non è fallita. Si è al contrario ripresa meglio dalla situazione rispetto ai Paesi stranieri, grazie alla sua solida libertà. Gli accordi bilaterali I sono stati conclusi solo nel 1999 e sono entrati in vigore ben più tardi. Sei di questi accordi non ponevano alcun problema, ma non rivestivano una reale importanza per la Svizzera. Mi sono di contro battuto all’epoca contro uno di essi.

La libera circolazione delle persone.

Blocher: Sì. Il disastro con «l’immigrazione libera» era prevedibile.

La libertà di circolazione delle persone è stata oggetto nel 2014 dell’iniziativa popolare «Contro l’immigrazione di massa», anche se essa non era stata formulata chiaramente. L’approvazione, di poco, da parte della popolazione ha diviso la Svizzera. Perché l’immigrazione e la relazione tra la Svizzera e l’UE attirano così tanto l’attenzione?

Zimmermann: Si può riconoscere qui che il signor Blocher è arrivato a dominare la discussione e ha usato il tono efficace su questo tema nel corso degli ultimi tre decenni. Un fatto però è stato tenuto nascosto: la maggior parte della popolazione si è espressa in occasione di numerose votazioni a favore di una Svizzera aperta, per gli accordi bilaterali e la libertà di circolazione degli individui. La maggioranza dei cittadini elvetici desidera molto chiaramente avere buone relazioni con l’UE. Eppure finora non siamo riusciti neppure ad organizzare un dibattito aperto e senza paraocchi sull’Europa. Chi discute apertamente della necessità di avere buone relazioni con l’UE è facilmente etichettato come una persona che vuole «mettere il turbo» con l’Europa. Noi siamo al contempo dipendenti economicamente, in più modi, nei confronti dell’UE e viceversa. Di conseguenza, il tema capta fortemente l’attenzione nella misura in cui la favola di una Svizzera autosufficiente piace a molte persone.

«Vogliamo un Paese nel quale non è il direttore musicale dell’opera, ma la polizia degli stranieri a decidere se il tale musicista può andare bene per l’orchestra?»

Laura Zimmermann
A proposito di...
Keystone

Christoph Blocher è lo stratega dell’UDC. L’ex consigliere federale (2003-2007) ed ex consigliere nazionale per molti anni ha praticamente affossato da solo il voto sull’ingresso della Svizzera nello SEE.

Blocher: Lei non può affermare riferendosi a me che considero la Svizzera come un’isola senza alcun contatto con l’esterno. È assurdo. La Svizzera non deve rinunciare però alla sua autodeterminazione. La libera circolazione non funziona. Nessuno l’ha voluta, neppure i settori economici, finché l’UE non ha costretto la Svizzera. Ci è stato assicurato, sostenendo tale argomentazione, che ciò non avrebbe riguardato più di 8-10 000 ingressi. Eppure negli ultimi 13 anni è entrato un milione di stranieri. Un quantitativo nettamente superiore rispetto al tasso di immigrazione promesso. Chiunque arrivi dall’Unione Europea deve, anche qualora abbia lavorato un solo mese in Svizzera, essere accettato nel sistema di disoccupazione, di assistenza e di aiuti sociali. Queste persone devono essere trattate come dei cittadini svizzeri sul mercato del lavoro, il che sta comportando problemi proprio adesso, in periodo di cattiva congiuntura economica. Il popolo svizzero ha dunque chiesto nel 2014 di limitare strettamente il flusso, perché quando è troppo è troppo. Tuttavia, il Parlamento non ha applicato l’articolo costituzionale adottato, ed è per questo che oggi abbiamo bisogno dell’iniziativa per la limitazione.

Signora Zimmermann, secondo il signor Blocher, un milione di immigrati dev’essere trattato come vengono trattati gli svizzeri. È d’accordo?

Zimmermann: Il signor Blocher sa molto bene che la libertà dei lavoratori non deve essere posta sullo stesso livello dei diritti dei cittadini svizzeri. La libera circolazione delle persone, così come il pacchetto completo di accordi bilaterali è a mio avviso uno dei traguardi fondamentali raggiunti in materia di libertà. Il che pone gli esseri umani al centro del dibattito. Sono contenta di conseguenza del fatto che possiamo spostarci liberamente attraverso l’Europa e avere la possibilità di scegliere dove vogliamo lavorare e risiedere. Esistono ovviamente altre convenzioni che riguardano il libero scambio. Se si vuole avere accesso al mercato interno dell’UE, occorre rispettarne le regole. L’UE è il nostro principale partner commerciale. È un fatto. E un altro fatto è che gli accordi bilaterali I ci hanno già apportato prosperità e buone relazioni, proprio grazie alla libera circolazione delle persone.

Come sarebbe la svizzera senza gli accordi bilaterali?

Blocher: L’interesse degli accordi è principalmente dell’UE, ma la libera circolazione delle persone è molto dannosa per la Svizzera. E diventa nefasta in questo periodo di recessione.

A proposito di...
Keystone

Laura Zimmermann è copresidente del movimento Operazione Libero assieme a Flavia Kleiner. Si è fatta conoscere in Svizzera attraverso l’iniziativa per l’autodeterminazione.

Zimmermann: Immaginare la Svizzera senza accordi bilaterali è un esercizio intellettuale per il quale non posso fabbricare verità contro-fattuali. In ogni caso, in assenza di tali accordi il Paese sarebbe ben più noioso e mediocre, perché la nazione ne ha evidentemente beneficiato, guadagnando sul fronte delle libertà grazie alla libera circolazione delle persone. Ma avremmo soprattutto una polizia degli stranieri più coerente. Vogliamo un Paese nel quale non è il direttore musicale dell’opera, ma la polizia degli stranieri a decidere se il tale musicista può andare bene per l’orchestra?

Il 27 settembre, l’iniziativa per la limitazione sarà sottoposta al giudizio popolare. Quali cambiamenti interverrebbero in Svizzera in caso di vittoria del «sì»?

Blocher: Un «sì» obbligherebbe il Parlamento e il Consiglio federale a far applicare la Costituzione entro un anno. In caso di accettazione, l’UE farà delle concessioni affinché sia nuovamente possibile un’immigrazione moderata. Lo farà, altrimenti la Svizzera sarà tenuta a revocare l’accordo sulla libera circolazione delle persone, cosa che l’UE non vuole assolutamente.

Zimmermann: Un anno è un periodo di tempo completamente illusorio, tutti coloro che hanno qualche conoscenza di diplomazia lo sanno.

Blocher: La Costituzione ha già accordato tre anni nel 2014 senza che l’UE negoziasse. E aggiungiamoci ora questo. L’attuazione potrebbe essere effettuata in due mesi se non temessimo l’UE. Prevedo che l’Unione europea ceda immediatamente e si metta a negoziare con noi. Supponendo che alla fine ci sarebbe ordine, perché quando è troppo è troppo.

«Ci sarebbe ordine», dice. Garantito dalla polizia degli stranieri?

Blocher: Ma tra il 1970 e il 2007 non abbiamo utilizzato metodi da Stato di polizia, per cortesia. Al contrario, abbiamo avuto relazioni armoniose che nessuno vuole modificare, a cominciare dai settori economici.

«L’attuazione potrebbe essere effettuata in due mesi se non temessimo l’UE. Prevedo che l’Unione europea cederà immediatamente.»

Christoph Blocher

Zimmermann: L’iniziativa contro i bilaterali sarebbe come pugnalare la nostra economia in pieno periodo di crisi: non so davvero come si possa volere una cosa del genere. Facendo così, non revocheremmo soltanto l’accordo di libera circolazione delle persone, ma anche l’insieme del pacchetto degli accordi bilaterali I. Se vincesse il «sì», tutte le questioni riguardanti l’Europa sarebbero più complicate e sottoposte a più paletti burocratici. Anziché avere diritto alla libertà, diventeremmo dei richiedenti. La Svizzera sarebbe più sola e noi saremmo tutti più dipendenti dall’UE. Siamo dunque tutti legati gli uni agli altri, da molto tempo, in questo contesto.

Chi dirigerà ora l’UDC e Operazione Libero?
I copresidenti Laura Zimmermann (a destra) e Flavia Kleiner di Operazione Libero si rallegrano per il «no» all’iniziativa sull’autodeterminazione.

La discussione si anima di nuovo quando l’intervista è già conclusa. Si parla di questioni di successione: l’UDC e Operazione Libero hanno necessità di nuovi (co-)dirigenti. Nell’UDC, Albert Rösti si ritira; per Operazione Libero, si tratta della co-presidente Flavia Kleiner.                                                                                                                                Blocher: c’è ancora una cosa che mi interessa: signora Zimmermann, ci sarà solo lei al comando?                                                                                         Zimmermann: No, no, ci sarà di nuovo un’altra persona. E da voi avete trovato qualcuno?                                                                                                                            Blocher: Aspetti, noi funzioniamo anche senza capo, se necessario.                                                                  Zimmermann: È vero, anche noi. Ma credo che la cosa sia più divertente in due. Due co-presidenti potrebbe rappresentare una soluzione anche per l’UDC?                                                                                                                                  Blocher: No, assolutamente. La responsabilità non può essere divisa. Ma è più divertente se voi siete in due, su questo ha ragione.

Blocher: L’UE non rinuncerà ad accordi bilaterali che le sono favorevoli. La Svizzera sarebbe al contrario di nuovo indipendente. L’immigrazione libera ha fatto perdere il lavoro a molti svizzeri e i programmi e servizi di sostegno sociale vacillano. Quale che sia l’amicizia con l’UE e con i suoi Stati, l’indipendenza della Svizzera è possibile e fondamentale. Vogliamo determinare il nostro futuro in modo democratico. Con questa crisi del coronavirus possiamo renderci conto della velocità alla quale gli altri Stati si chiudono per potersi occupare solo di loro stessi. Un esempio: i camion che trasportano dispositivi medici provenienti da Paesi terzi sono dovuti passare dalla Germania per venire da noi. E che fa la Germania? Ha confiscato le merci e se n’è appropriata. Il problema è stato risolto grazie agli abili negoziati del consigliere federale Parmelin. Anche l’Italia, in quanto membro dell’UE, lo constata: né l’UE né alcun Paese membro ci ha aiutato. Ciascuna nazione si occupa di sé stessa in situazioni d’emergenza. Appena le cose diventano delicate, la carità si blocca. Non è bene impegnarsi alla leggera.

L’isolamento è una soluzione?

Zimmermann: Certo che no. L’economia globalizzata ci ha assicurato di poter beneficiare di numerosi prodotti fondamentali e di servizi proprio durante questa crisi. Ciò è possibile soltanto grazie alle catene internazionali di distribuzione. La crisi è prima di tutto terribile per le persone ricoverate e per tutti coloro che perdono i loro cari. Il signor Blocher ha lanciato l’iniziativa per la limitazione prima della comparsa del coronavirus, e io mi sono battuta con forza contro di essa prima della crisi. Non è una questione di pietà, non concentrerò il mio discorso unicamente sul virus. Ma è proprio durante questa crisi che ho preso nuovamente coscienza del fatto che dobbiamo lottare per la nostra libertà. Non è qualcosa di scolpito nella pietra. E questa libertà è fortemente legata all’Europa a mio avviso.

L’UDC riesce tuttavia abilmente a trarre profitto da questa crisi senza fine, ovvero un «sì» all’iniziativa per la limitazione.

Zimmermann: Non soltanto l’UDC ci riesce, quasi tutti sfruttano in questo momento la crisi a fini politici, cosa che a me non piace.

Blocher: È un fatto certo: la situazione è diventata più complicata per gli svizzeri a causa della libera circolazione delle persone. La crescita economica pro-capite non è cresciuta e la disoccupazione è aumentata.

«Ogni Stato si occupa di sé stesso in situazioni d’emergenza. Appena le cose diventano delicate, la carità si blocca.»

Christoph Blocher

Zimmermann: È semplicemente falso. La Svizzera sta meglio di prima grazie alla libera circolazione delle persone. La cosa che non capisco davvero in tale argomentazione è il fatto che la libertà sia reciproca. Un rifiuto della libertà di circolazione delle persone restringerebbe anche la nostra libertà. Il progetto europeo rappresenta lo Stato di diritto, la sicurezza e la democrazia. È illusorio considerare gli individui come semplici numeri o fattori di produzione. Nessuno è soltanto un datore di lavoro o un impiegato, così come nessuno è soltanto uno svizzero o uno straniero.

Blocher: La Svizzera è il Paese dello Stato di diritto, della sicurezza e della democrazia. In ogni caso lei pensa che occorrerebbe aderire all’UE per preservare tutto ciò? Un’adesione rimetterebbe in discussione molti di questi valori.

Zimmermann: Non è questo che dico. Io dico che non dovremmo abbandonare le libertà ottenute se non è necessario. Anche noi ne beneficiamo.

«Siamo un Paese situato al centro dell'Europa. Soltanto un’Europa comune è garanzia di un’Europa forte.»

Laura Zimmermann

Blocher: In caso di adesione, la Svizzera non avrà più libertà di legiferare come vuole. È anti-democratico. Anche se la circolazione è molto dannosa e il popolo ha deciso di modificare la normativa, l’UE ci impedisce di applicarla. Un sistema diverso ha mostrato di funzionare. I cittadini svizzeri potevano lavorare e studiare all’estero anche prima del 2007. I miei figli e io stesso ne sappiamo qualcosa.

Era più complicato rispetto ad oggi.

Blocher: Sì, certo, ma erano ostacoli minimi. Era anche più difficile per gli stranieri lavorare e studiare in Svizzera. Aggiungerei che ero studente negli anni Sessanta e ho avuto bisogno di una lettera per poter studiare sei mesi in Francia. Una lettera che è stata sottoposta ad approvazione. Punto.

Zimmermann: La questione è ben più profonda: noi siamo un Paese situato al centro dell’Europa e, in quanto tale, intratteniamo le relazioni più diverse con i nostri vicini. È bene che tutto resti il più semplice possibile, anche senza essere membro dell’UE, ma mantenendo strette relazioni con quest’ultima. Soltanto un’Europa comune è garanzia di un’Europa forte.

Le immagini del giorno

Tornare alla home page