SvizzeraL'ex consigliere federale Maurer su CS e Covid: «Lo Stato è responsabile di tutto?»
ats
4.2.2024 - 09:56
L'ex consigliere federale Ueli Maurer ha difeso la sua decisione di non intervenire presso Credit Suisse (CS) alla fine del 2022. Un salvataggio da parte dello Stato non era realistico, ha affermato in un'intervista rilasciata alla stampa domenicale.
Keystone-SDA, ats
04.02.2024, 09:56
04.02.2024, 12:18
SDA
Ha inoltre messo in discussione il ruolo dello Stato in merito alle misure contro il Covid.
Maurer nel 2022, pochi mesi prima dell'acquisizione di CS da parte di UBS, aveva detto che Credit Suisse avrebbe dovuto essere lasciato tranquillo per un anno o due. Una frase spesso citata dai suoi detrattori.
Questa affermazione non è indicativa di un errore di valutazione, assicura l'ex consigliere federale UDC. All'epoca, «c'era una possibilità che Credit Suisse fosse in grado di uscire dalla crisi con i suoi mezzi», ha dichiarato in un'intervista pubblicata oggi dalla «SonntagsZeitung» e da «Le Matin Dimanche».
Un intervento dello Stato invia un «segnale fatale»
L'acquisizione della banca da parte di UBS era «in ultima analisi la variante migliore» delle soluzioni previste, ritiene Maurer. Questa soluzione, a differenza di una nazionalizzazione, è autonoma, con danni minimi per l'economia e lo Stato, ha sottolineato.
Un salvataggio di CS da parte dello Stato – secondo Maurer – avrebbe comportato un prestito molto elevato, dell'ordine di miliardi. I dirigenti della banca non avrebbero voluto questo, perché avrebbero detto che avrebbero risolto il problema da soli. Ciò avrebbe suscitato agitazione nell'opinione pubblica, ma non sarebbe servito alla banca.
Maurer ha definito ingenua l'idea che il Consiglio federale avrebbe potuto statalizzare una banca attiva a livello globale con un diritto di necessità, contro la volontà dei dirigenti. Un intervento dello Stato invia un «segnale fatale». Per le banche, significherebbe che potrebbero assumere grandi rischi senza problemi.
«Lo Stato si occupa di tutto»
Con Credit Suisse si pone la stessa domanda come per la pandemia di Covid, ha detto Maurer: «Lo Stato è responsabile di tutto?». A suo avviso, la pandemia ha rafforzato una tendenza: «Lo Stato si occupa di tutto, davvero di tutto».
Nell'intervista, Maurer ha anche ribadito le dichiarazioni fatte due settimane fa, sempre sulla stampa domenicale, riguardo alle misure adottate durante la pandemia di SARS-CoV-2. «Ciò che mi preoccupa è soprattutto il modo in cui l'intera società può essere ipnotizzata e manipolata», ha dichiarato l'ex consigliere federale. Con ipnosi intende dire che le persone che si erano espresse contro la chiusura delle scuole, ad esempio, erano state dipinte come «pazze irresponsabili».
I fatti durante la pandemia hanno portato acqua al mulino a coloro che hanno perso la fiducia nello Stato. «Dobbiamo recuperare queste persone, altrimenti diventeranno estremisti», ha detto Maurer. Lo Stato non è riuscito ad ammettere di aver esagerato con le misure adottate. Per Maurer, questo era il minimo che potesse fare.
«Non un no vax»
L'ex consigliere federale sfuma tuttavia le sue dichiarazioni sui vaccini anti-Covid, che hanno particolarmente scioccato. Aveva affermato che questi vaccini erano molto «aria fritta». «Naturalmente, la gente ha subito detto che ero no vax. Il che non è vero», aggiunge.
L'utilità dei vaccini non è contestata, ma la Svizzera è andata troppo oltre dicendo a tutti di vaccinarsi, sostiene Maurer. «Sono convinto che nei prossimi anni ci occuperemo sempre più dei danni causati dal vaccino», aggiunge.
«Visione discordante esclusa»
In un'altra intervista rilasciata al media online romando «L'Impertinent» e pubblicata oggi, l'ex consigliere federale UDC afferma di aver subito, allora, critiche «molto difficili» per la sua famiglia, i suoi figli e sua moglie.
«Gli attacchi erano virulenti. E la situazione era ulteriormente complicata dal fatto che non eravamo vaccinati. Siamo stati ostracizzati senza alcuna possibilità di discussione. Ci abbiamo provato un po', e sicuramente non è stato sufficiente, ma non avevamo la possibilità di fare di meglio», si rammarica.
E accusa: «Basta vedere come, nella Task Force, ci si è sbarazzati di chi non aveva la stessa opinione della maggioranza. È stata esclusa una persona - un professore svizzerotedesco - che difendeva un'altra opinione. Questa persona mi ha raccontato di aver ricevuto una richiesta (dai piani alti) di non pubblicare un articolo critico che aveva scritto. Le persone che non condividevano la stessa opinione venivano messe a tacere. La discussione era esclusa. E non solo in Svizzera, ma in tutta Europa».