Le esperienze di Chrigu e NadjaNudi e legati per giorni: ecco le allarmanti condizioni nei reparti psichiatrici in Svizzera
tbz
6.5.2024
Come mostra un approfondimento di «SRF-Investigativ», gli istituti psichiatrici in Svizzera stanno sempre più raggiungendo i loro limiti. Testimonianze allarmanti illustrano come la linea di demarcazione tra l'assistenza e la privazione della libertà minacci di diventare sempre più sottile.
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06.05.2024, 15:50
Tobias Benz
Hai fretta? blue News riassume per te
Un approfondimento di «SRF-Investigativ» rivela condizioni allarmanti in diverse cliniche psichiatriche in Svizzera.
Al Centro psichiatrico di Münsingen (PZM) e al Centro psichiatrico di Lucerna (LUPS) i pazienti sono stati vittime di drastiche misure coercitive.
Un esperto legale ha dichiarato alla SRF che si tratta di una chiara violazione della legge.
Le cliniche si lamentano del crescente numero di pazienti e dell'acuta carenza di personale.
Confinati a letto per sei giorni, chiusi in una stanza in isolamento o legati nudi a un materasso con i capelli tagliati. Quella che sembra la trama di un perfido film dell'orrore è in realtà accaduto realmente in due cliniche psichiatriche della Svizzera. A rivelarlo è stata «SRF-Investigativ» in un suo approfondimento.
A essere interessati sono il Centro Psichiatrico di Münsingen (PZM) e i Servizi Psichiatrici di Lucerna (LUPS). Ma molti elementi fanno pensare a un problema che riguarda l’intero settore: la psichiatria elvetica è al limite?
Il caso di Münsingen
«SRF-Investigativ» affronta il problema in un video YouTube di mezz'ora in cui analizza diversi casi di studio. Uno di questi è il rapporto sull’esperienza di «Chrigu», che in realtà ha un nome diverso.
Nell'agosto 2023 il 18enne si è fatto ricoverare nel centro psichiatrico di Münsingen perché stava attraversando un crollo psicologico. La SRF afferma, facendo riferimento alla sua cartella clinica, che beve, fa uso di droghe ed è incline a reazioni violente. Soffre di un disturbo psicotico, è paranoico e sente le voci.
Al quarto giorno di degenza, la situazione si aggrava. Mentre è in attesa delle medicine, diventa aggressivo e viene mandato via da un assistente. Poco dopo però torna con una lunga tavola di legno e sfonda la porta d'ingresso del reparto. Il personale infermieristico chiama la polizia, mentre il personale e i pazienti si chiudono nelle loro stanze per proteggersi dal giovane.
La clinica ritiene che la sua esplosione di violenza sia «pericolosa per la vita» del personale e dei pazienti. Il dossier indica quindi che le misure restrittive sono inevitabili.
All'arrivo della polizia, Chrigu viene ammanettato e gli viene somministrato un farmaco tranquillante. Si legge poi che il 18enne viene «trasferito in una stanza di isolamento e trattenuto a causa del suo comportamento aggressivo nei confronti degli altri». Lì gli vengono somministrati altri farmaci.
Confinato a letto per sei giorni
Ciò significa che sono state utilizzate tre misure coercitive in contemporanea: la contenzione fisica, l'isolamento e la medicazione forzata.
Queste misure possono essere utilizzate in un reparto psichiatrico solo se c'è una crisi acuta e la persona sta mettendo in pericolo se stessa o gli altri. Ma vale il principio che una misura coercitiva deve essere sempre l'ultima risorsa e deve essere interrotta il prima possibile. Secondo le cliniche e gli operatori intervistati da SRF, tali misure durano di solito «poche ore». Nel caso di Münsingen, sono andate avanti per sei giorni.
«Il farmaco mi ha lasciato stordito per tutto il tempo e non riuscivo più a esprimermi. È stato tutto molto difficile», dice Chrigu, che capisce la misura, ma non la durata. Il personale ha lasciato libero il 18enne solo per le pause in bagno. È poi stato dimesso dalla clinica il giorno successivo alla fine delle misure coercitive.
Secondo l'esperto legale Jürg Gassmann, consultato da «SRF-Investigativ», il caso di «Chrigu» è discutibile sotto diversi aspetti. In primo luogo, la fissazione al letto ha richiesto un tempo eccezionalmente lungo, sei giorni. Inoltre la necessità della misura avrebbe dovuto essere rivalutata ogni poche ore. Dal rapporto dell'emittente pubblica non risulta chiaro se e in che modo tale valutazione possa essere avvenuta dato che il paziente non era più in grado di esprimersi correttamente.
Secondo Gassmann dimettere il paziente appena un giorno dopo essere considerato tanto pericoloso da dover rimanere isolato in una stanza sotto terapia medica e confinato a letto «è una cosa priva di ogni logica».
«Via maglietta e slip»
In un secondo caso di studio, «Nadja» - anche il suo vero nome è un altro - racconta la sua storia. La 23enne ha avuto problemi di salute mentale fin dall'infanzia e soffre, tra l'altro, di depressione e disturbo borderline della personalità. Nell'estate del 2023 anche lei entra volontariamente in una clinica, in questo caso nel reparto psichiatrico di Lucerna, e anche per lei inizialmente tutto procede normalmente, date le circostanze.
Ci vuole una settimana finché la situazione cambi: la giovane tenta infatti di togliersi la vita. Dopo diverse ore in ospedale, Nadja viene riportata nel reparto psichiatrico dalla polizia e dai paramedici.
Quello che succede dopo viene descritto nel dossier come segue: «È stata trasferita nella sala di terapia intensiva, come ordinato. "Maglietta e mutandine lì..."». Poi la frase termina bruscamente. La giovane descrive così alla SRF cosa significa: «Ho detto più volte che non volevo entrare nella stanza, che ne avevo paura. Poi mi hanno spogliata, cosa che non volevo. Per questo mi hanno tagliato la maglietta e i pantaloni».
Nell'approfondimento viene spiegato che negli ospedali è prassi normale cambiare i vestiti dei pazienti nelle stanze di terapia intensiva, per evitare che si feriscano. Nel caso di Nadja però non c'è stato alcun cambio d'abito: lei è rimasta nuda.
«Una palese violazione dei diritti fondamentali»
Dato poi che, secondo il dossier, la donna avrebbe tentato di strangolarsi con i propri capelli, sono state adottate ulteriori misure. «Sono rientrati subito. La polizia mi ha spinto contro il muro. C'erano degli uomini lì ed ero ancora completamente nuda. Poi mi hanno tenuta e mi hanno tagliato i capelli». Nadja è stata poi legata, sempre nuda, al materasso. Il giorno dopo anche lei è stata rilasciata.
L'esperto legale della SRF Gassmann parla di una «palese violazione dei diritti fondamentali» anche nel caso della 23enne. In particolare, il fatto che la paziente fosse stata denudata costituiva una violazione del divieto di tortura e di trattamenti inumani e degradanti.
Il caso è particolarmente delicato perché Nadja si è recata volontariamente in clinica. «È generalmente vietato eseguire misure coercitive su pazienti volontari». A differenza del caso di Münsingen, dove il giorno dell'escalation un medico aveva emesso un ordine di trattenuta per Chrigu, il che significava che il 18enne era stato ricoverato con la forza, a Lucerna ciò non è avvenuto. «Da questo punto di vista, ciò che ha fatto la psichiatria di Lucerna è stato palesemente illegale», ha detto Gassmann.
Aumento del numero di pazienti e forte carenza di personale
Secondo la SRF, nel 2022 in Svizzera sono state ricoverate con la forza in una clinica psichiatrica ben 18'367 persone. Un paziente su quattro si trova in una struttura contro la propria volontà. E questi numeri aumentano ogni anno. Ciò colloca la Svizzera ai primi posti nel confronto europeo.
Sempre nel 2022 sono state eseguite 36.119 misure coercitive durante il trattamento dei pazienti. Dunque in media una persona su dieci in cura in un ospedale psichiatrico subisce una misura coercitiva. La SRF spiega che queste cifre sono state raccolte dalle stesse istituzioni.
Le due cliniche di Münsingen e Lucerna non vogliono rilasciare commenti sui due casi citati, invocando il segreto medico. In una dichiarazione generale lamentano però il crescente numero di pazienti ricoverati forzatamente in tutto il Paese, la mancanza di comprensione della popolazione nei confronti dei malati mentali (che ha un ulteriore impatto negativo sulla loro situazione) e la grave carenza di personale.
La spiegazione delle misure coercitive
Per quanto riguarda le misure coercitive, la clinica di Münsingen scrive: «Le misure coercitive sono utilizzate solo come ultima risorsa nei nostri reparti per acuti. Questo perché sono drastiche e possono scatenare forti sentimenti di paura e impotenza. Rappresentano inoltre un notevole carico emotivo per il personale e costituiscono una sfida importante per l'équipe interprofessionale del reparto. L'assistenza nel contesto delle misure coercitive è anche ad alta intensità di lavoro».
Le detenzioni che durano diversi giorni, come nel caso di Chrigu, sono rare: «Le contenzioni vengono eseguite per il minor tempo possibile e soprattutto solo per quello assolutamente necessario».
La clinica psichiatrica di Lucerna, dove si è svolta la storia di Nadja, si spiega invece così: «Quando i pazienti vengono ricoverati in una delle nostre cliniche, lavoriamo con loro per redigere un piano di trattamento con obiettivi e misure che vorrebbero raggiungere durante la loro permanenza. Le esigenze individuali delle persone colpite sono di estrema importanza durante tutto il trattamento. Noi li sosteniamo e li consigliamo con la nostra competenza professionale».
E ancora: «Il trasferimento in una sala di terapia intensiva o addirittura la contenzione è l'ultima misura che adottiamo. In caso di pericolo vitale e acuto per i nostri pazienti, siamo obbligati a prendere immediatamente le misure mediche necessarie. Queste possono essere, ad esempio, la limitazione dei movimenti per la protezione del paziente stesso o, in rari casi, la rimozione di indumenti o capelli per porre fine all'auto-strangolamento. Se tali misure non venissero adottate, verrebbe violato il dovere di proteggere i nostri pazienti».
Le dichiarazioni complete possono essere consultate su «SRF».