StudioUnia: «Lo scarto salariale si sta sempre più allargando in Svizzera»
bt, ats
26.8.2024 - 07:00
I CEO delle maggiori aziende svizzere guadagnano sempre di più, mentre gli stipendi bassi restano inchiodati. È questo in sintesi il risultato di uno studio del sindacato Unia sui salari pubblicato oggi.
Keystone-SDA, bt, ats
26.08.2024, 07:00
26.08.2024, 07:40
SDA
Nel 2023 Vasant Narasimhan, CEO di Novartis, ha visto la propria retribuzione quasi raddoppiare, salendo a 16,2 milioni di franchi. A tallonarlo il numero uno di UBS Sergio Ermotti, che ha incassato 14,4 milioni per soli nove mesi di lavoro. Il manager ticinese ha quindi portato a casa 84'000 franchi al giorno, più di uno stipendio medio annuo svizzero (81'500 franchi).
A seguire il CEO (uscente) di Nestlé Mark Schneider, la cui busta paga è passata da 10,3 milioni nel 2022 a 11,2 milioni l'anno successivo. In media, i dieci dirigenti che guadagnano di più hanno visto i loro salari aumentare del 3,5%.
In sette aziende su dieci, gli stipendi della fascia più alta hanno continuato a crescere. Il calo più marcato si è registrato presso Roche e Richemont, mentre è stato lieve in seno ad ABB.
Le retribuzioni più basse invece sono rimaste praticamente invariate, ampliando così il divario. Quest'ultimo è particolarmente grande in casa UBS, dove Ermotti guadagna 267 volte di più del dipendente meno pagato. Seguono Novartis (250 volte) e Nestlé (220).
In totale, lo scarto salariale è passato da 1:139 nel 2022 a 1:143 nel 2023. Detto in parole povere, ora lo stipendio più alto è in media 143 volte più elevato di quello più basso.
La maggior parte degli utili finisce nelle tasche degli azionisti
Unia deplora il fatto che la maggior parte degli utili finisca nelle tasche degli azionisti e non del personale in fondo alla scala retributiva. I più grandi gruppi elvetici hanno versato l'anno scorso globalmente 45 miliardi di franchi in dividendi, contro i 44,3 miliardi del 2022. Ad averne approfittato sono in particolare i detentori di titoli di Roche, Nestlé, Novartis e Zurich.
Stando al sindacato, tali cifre dimostrano che i soldi per aumentare gli stipendi più bassi ci sono. Invece, si sta ampliando il divario con i vertici, fenomeno accentuato dall'incremento del costo della vita. Nel 2023, i prezzi erano più alti del 5,7% rispetto al 2020, sottolinea Unia nell'indagine, che viene realizzata con cadenza annuale dal 2005. Il costo di affitto ed energia è salito del 9,3%, quello dei trasporti del 12,8% e quello dei generi alimentari del 4,8%.
Questo dato è «ancora più drammatico» se si considera che l'inflazione ha colpito soprattutto le persone con un reddito medio-basso. Unia torna pertanto a chiedere aumenti salariali generalizzati, contratti collettivi di lavoro vincolanti e stipendi minimi obbligatori.