Repressione Iran: calciatore star arrestato per propaganda contro Stato

SDA

24.11.2022 - 21:37

Dalle stanze del potere di Teheran devono aver pensato che Voria Ghafouri avesse il profilo perfetto per mandare un messaggio chiaro ai giocatori iraniani impegnati nel Mondiale in Qatar. Nella foto Ghafouri (a destra) durante una partita della nazionale iraniana nel 2019.
Dalle stanze del potere di Teheran devono aver pensato che Voria Ghafouri avesse il profilo perfetto per mandare un messaggio chiaro ai giocatori iraniani impegnati nel Mondiale in Qatar. Nella foto Ghafouri (a destra) durante una partita della nazionale iraniana nel 2019.
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Non basta una maglia di calcio per nascondersi dalla repressione di Teheran. Voria Ghafouri, star del pallone iraniano, è finito in carcere con l'accusa di aver «insultato e infangato la reputazione della nazionale e di aver fatto propaganda» contro lo Stato.

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Lo hanno arrestato dopo un allenamento con il suo club, il Foolad Khuzestan, davanti al figlio di soli 10 anni. Un segnale inequivocabilmente indirizzato ai giocatori iraniani impegnati nel Mondiale in Qatar, che contro l'Inghilterra si sono rifiutati di cantare l'inno: non c'è tolleranza per chi critica il regime.

Non c'è spazio per la solidarietà ai manifestanti delle proteste che infiammano il paese da oltre due mesi, dopo la morte di Mahsa Amini, la giovane deceduta il 16 settembre mentre era in custodia della polizia per non aver indossato correttamente il velo. La pena, al ritorno a casa, sono le manette, se non peggio.

«Ho parlato con amici a Teheran, Ghafouri è stato arrestato davanti al figlio maggiore di 10 anni. E la moglie è preoccupatissima, come tutti noi», ha raccontato all'ANSA Andrea Stramaccioni, dicendosi «scioccato» per l'arresto del suo capitano quando allenava l'Esteghlal di Teheran, nel 2019.

Prima di militare nel Foolad, Ghafouri ha giocato infatti nella principale squadra iraniana, ma il suo contratto è stato risolto a luglio scorso, secondo alcuni per le sue ripetute critiche al governo.

Trentacinque anni, origini curde, simbolo per autorità, intelligenza e fair play ed ex membro della nazionale, Ghafouri non è nuovo a frizioni con le autorità della Repubblica islamica. E dai suoi canali sui social media ha fortemente sostenuto le recenti proteste nel paese, anche visitando le aree popolate dai curdi per esprimere solidarietà alle famiglie delle vittime della repressione.

Ghafouri non è il primo grande nome dello sport iraniano ad essere coinvolto nella repressione: anche il calciatore Hossein Mahini è stato arrestato a ottobre per aver sostenuto le proteste, per poi essere rilasciato.

Ma con un passato di 28 presenze nel «Team Melli», com'è chiamata la nazionale, dalle stanze del potere di Teheran devono aver pensato che Ghafouri avesse il profilo perfetto per mandare un messaggio chiaro a Doha e a tutti gli sportivi iraniani impegnati nel mondo: basta con i capelli al vento delle atlete nelle competizioni internazionali, basta con le bocche chiuse durante l'inno e con le condoglianze alle famiglie delle vittime della repressione.

Intanto, «the show must go on» per il Team Melli in Qatar, dove le polemiche sui diritti umani sono all'ordine del giorno e non riguardano solo l'Iran. Alla vigilia della partita contro il Galles, l'allenatore Carlos Queiroz ha chiesto «rispetto» per la storia del paese e non è voluto entrare nel merito della delicata posizione politica dei suoi giocatori. Che dopo l'arresto del loro compagno Ghafouri dovranno scegliere cosa fare: tornare in riga, o continuare la lotta.