Dopo aver partecipato ai Giochi di Tokyo, sarà Tachlowini Gabriyesos a guidare il team degli Atleti rifugiati ai Mondiali di atletica leggera in programma il mese prossimo a Eugene, in Oregon.
Lo ha reso noto World Athletic, informando che il 24enne originario dell'Eritrea, iscritto alla maratona, sarà accompagnato da due atlete, Atalena Napule Gaspore (Sud Sudan, 800 metri) e Anjelina Nadai Lohalith (Sud Sudan, 1'500) e da Dorian Keletela (Congo, 100), Jamal Abdalmajid Eisa-Mohammed (Sudan, 5'000) e Fouad Idbafdil (Marocco, 3'000 siepi).
«Non rappresento un Paese, ma milioni di persone. Voglio essere un modello per i giovani rifugiati di tutto il mondo - ha affermato Gabriyesos - e desidero mostrare ancora una volta a tutti quanti che i rifugiati possono essere forti, che siamo affamati di successo e che meritiamo pari opportunità».
Fuggito dal conflitto in Eritrea all'età di 12 anni, ha viaggiato attraverso l'Etiopia, il Sudan e l'Egitto prima di attraversare a piedi il deserto del Sinai per raggiungere Israele, dove vive dal 2010.
Un team in crescita costante
World Athletics ha fondato l'Athlete Refugee Team nel 2017, l'unica squadra al mondo composta solo da atleti rifugiati e che comprende al momento 40 atleti, che si allenano nelle rispettive basi in Kenya, Israele, Francia, Regno Unito, Svezia, Germania, Canada e Portogallo.
Da 60 milioni nel 2016, il numero di persone con lo 'statuto' di rifugiati è salito a più di 82 milioni nel 2020 e, spinta dai conflitti, dalla crisi climatica e dall'aumento delle disuguaglianze, è cresciuta fino a 89,3 milioni alla fine del 2021.
I sei atleti che gareggeranno a Eugene il mese prossimo rappresenteranno dunque una comunità che collettivamente sarebbe il 17esimo Paese più popoloso del pianeta.
Il Comitato Olimpico anticipò World Athletics in occasione di Rio 2016. Da allora, il team dei rifugiati, compete alle Olimpiadi e lo farà sicuramente anche a Parigi nel 2024.
«Questo sarà un simbolo di speranza per tutti i rifugiati del mondo e renderà il mondo più consapevole della portata di questa crisi. È anche un segnale per la comunità internazionale che i rifugiati sono nostri simili e sono un arricchimento per la società», aveva detto il presidente del CIO (Comitato Olimpico Internazionale ndr.) Thomas Bach.