Dei cento anni di storia dell'Hockey Club Davos ben 22 sono stati caratterizzati dalla guida dell'oggi già leggendario Arno Del Curto.
Fu nel 1921 che la grande Russia dovette affrontare la più grande carestia della sua storia, in Germania intanto, un certo Adolf Hitler divenne leader del partito nazista, mentre Mao diede vita al partito comunista cinese, tutto questo quando in Francia Coco Chanel lanciava sul mercato il leggendario No.5. Il 1921 vide anche la nascita di Charles Bronson, uno dei 'duri' del cinema western.
Intanto, nel Canton Grigioni, il signor Müller e un gruppo di amanti dell'hockey su ghiaccio fondarono l'HC Davos. Il club grigionese diventerà la società più vincente dell'hockey nazionale vincendo 31 volte il campionato di Lega Nazionale A, oggi National League.
Quest'anno cade il centenaria della nascita del club gialloblu al quale dedicheremo alcune interviste esclusive con personaggi che ne hanno segnato la storia.
Arno Del Curto
Alla guida del Davos dal 1996 fino al 2018, 6 campionati nazionali vinti, 3 volte la Coppa Spengler, 3 volte eletto miglior allenatore dell'anno in Svizzera e una volta miglior allenatore d'Europa, Arno Del Curto è una delle figure quasi mitologiche del club grigionese.
L'oggi 64enne allenatore in pensione, ha raccontato un poco di sé, della sua lunga militanza sulla panchina del Davos, dei suoi pochi rimpianti e della sua vita oggi, lontana dal professionismo del disco su ghiaccio.
Ventidue anni, tanti titoli vinti e l'idea che Del Curto e Davos fosse un connubio indissolubile.
«È stato un periodo fantastico della mia vita, ancora più impressionante che impressionante» ha attaccato l'ex coach nell'intervista concessa al Blick.
«Tutto sembrava combaciare, arrivavano le persone giuste al momento giusto, nel posto giusto. Abbiamo vissuto insieme come una famiglia, cosa altrimenti impensabile in questo settore».
Del Curto incontra ancora oggi dei suoi ex giocatori e quasi sempre essi descrivono lo spirito di squadra di quegli anni, unico nel suo genere.
«Questo è il più bel complimento per me», ammette il 64enne.
Uno dei momenti più cari ad Arno
«Vincere la Coppa Spengler dopo 40 anni di digiuno è stato qualcosa di molto speciale. La squadra ha dato tutto e la gente è impazzita di gioia. Il ghiaccio era in fiamme e non si parlava certo di partite amichevoli».
Sei titoli nazionali, tutti diversi
Arno Del Curto ha ricordato la stagione del lockout in NHL, quando arrivarono a Davos Joe Thornton, Nash e Hagman; «indimenticabile, ma anche il titolo del 2009, quando abbiamo combattuto fino alla fine per ben 21 partite (il massimo in modalità best-of-seven)».
Come dimenticare il titolo conquistato nel 2015, l'ultimo dei grigionesi, l'ultimo di Del Curto. Si trattava di una squadra giovane, dove regnavano sovrane «la passione, l'emozione e la voglia di vincere».
Del Curto negli anni è sempre riuscito ad far di necessità virtù, dando tanto spazio a molti giovani avendo la possibilità di affiancarli a dei navigati giocatori quali Von Arx, Mahra, Rizzi e non da ultimo Andres Ambühl.
Il nativo di St. Moritz è stato allenatore, direttore sportivo e anche amico e confidente dei suoi giocatori. Un ruolo insolito, di certo nel mondo del professionismo di oggigiorno.
«A volte, dopo aver perso una partita, ero furioso e intrattabile per alcuni giorni. Se ero arrabbiato l'atmosfera non era più divertente. I giocatori volevano che tutto tornasse come prima e per questo si davano una mossa per la partita successiva».
Tanto potere nelle mani di un solo uomo
Un ruolo da padre onnipotente, criticavano alcuni, che certo non lesinava il dispendio di energie dell'allenatore.
«A volte ero esausto, ma ho continuato lo stesso. È stato un errore», ha confessato Del Curto, che tra gli altri compiti si occupava personalmente di curare il contatto con molti sponsor e mecenati.
Qualcuno negli anni lo ha accusato di essere attaccato al potere. A distanza di tempo, l'ex allenatore del Davos dice che il potere non gli è mai interessato.
«Tutto quello che ho fatto, l'ho fatto per l'HC Davos e per i fan. I tifosi sono stati semplicemente fantastici, mi hanno sempre sostenuto e alla fine, quando tutti scrivevano e giudicavano, mi hanno anche dimostrato cosa significano stile e decenza».
Un solo grosso rimpianto
Del Curto ammette che non avrebbe potuto desiderare una vita migliore, i 40 anni di hockey sono stati fantastici. L'unico rimpianto riguarda il 2010, quando fu chiamato in Russia dallo SKA di San Pietroburgo e lui declinò l'offerto e rimase a Davos, per latri otto anni ancora.
«Mi rode ancora oggi. Una proposta del genere è paragonabile a quella di un calciatore che viene contattato dal Real Madrid o dal Barcelona».
Dopo l'esperienza alquanto fallimentare a Zurigo Del Curto è stato avvicinato a diverse squadre, ma il carismatico condottiero si è sempre tenuto nell'ombra, dopo tanti anni sotto i riflettori.
«Io ho finito con l'hockey», queste le ultime parole di Arno Del Curto, mentre l'HC Davos continua invece la sua gloriosa storia.