Il cestista svizzero di NBA Thabo Sefolosha ha parlato delle proteste che stanno imperversando negli Stati Uniti, delle sue paure e anche del presidente Trump.
Lo svizzero Thabo Sefolosha è stato il primo giocatore di basket svizzero ad entrare nell'NBA. Oggi in forza ai Rockets di Houston, il 36enne, in un'intervista rilasciata alla NZZ ha parlato delle proteste che stanno imperversando negli Stati Uniti in seguito all'uccisione di George Floyd da parte di un agente di polizia di Minneapolis.
«Come uomo di colore in America, se spesso ti trovi di fronte a queste immagini, alla fine arrivi alla conclusione che questo potrebbe toccare anche a te», ha commentato il 36enne nato a Vevey da padre sudafricano e mamma svizzera.
Sefolosha vittima a sua volta
Sefolosha è già stato vittima della violenza della polizia statunitense, quando cinque anni fa, nel corso di un'ispezione, degli agenti gli ferirono una gamba. Lo svizzero citò allora in giudizio la città di New York che dovette risarcire il giocatore per danni: quattro milioni di dollari che Sefolosha devolse per la maggior parte in beneficenza.
Sefolosha oggi si pone le stesse domande della maggior parte delle persone, come coloro nelle città statunitensi scendono in strada per protestare contro il razzismo e la brutalità della polizia.
«Mi chiedo come un essere umano possa fare questo a un altro
Non capisco come si possa mostrare una tale mancanza di rispetto per la vita umana e porsi al di sopra della legge».
Ci ha pensato a lungo Thabo Sefolosha, se prendere parte alle manifestazioni di proteste, anche su richiesta delle figlie.
«Ci ho pensato, ma ho abbandonato l'idea. Anche a causa del coronavirus non voglio mettere in pericolo loro o me stesso».
Sefolosha ha deciso di parlare, senza freni. «Se questa ingiustizia fosse accaduta ad un bianco, non sarebbe passato molto tempo prima che i responsabili si sarebbero trovati dietro le sbarre, e per molto tempo».
Il 36enne che vive a Houston in Texas ha raccontato che da quando è stato vittima lui stesso il suo mondo è cambiato.
«Ma è in momenti come questi che voglio e sento il bisogno di parlare. E sì, ho paura. Mi preoccupo per le mie figlie. Gli Stati Uniti sono un Paese violento, soprattutto se paragonato alla Svizzera».
Il sogno americano
Il sogno americano esiste ancora, e Sefolosha ne è la dimostrazione, ma la divisione tra ricchi e poveri, bianchi e neri, è evidente, come racconta il difensore dei Rockets.
«Ci sono quartieri ebrei, bianchi, neri. Sono cose che non si vedono in TV. L'America non è perfetta. Ho sentimenti davvero contrastanti nei confronti dell'America».
Due parole sul presidente Trump
«Trump non aiuta, non è in grado di aiutare. Per come vede il mondo, non ha soluzioni a portata di mano. Questo si riflette anche nella sua gestione della crisi causata dalla pandemia».
A 36 anni la straordinaria carriera di Thabo Sefolosha non è lontana dal capolinea, anzi il momento per smettere potrebbe anche essere accelerato dalla crisi sociale che sta affliggendo gli Stati Uniti.
«La sicurezza e il benessere della mia famiglia hanno comunque la precedenza».
Dopo aver vestito le maglie di Chicago Bulls, Oklahoma City Thunder, Atlanta Hawks e Utah Jazz e oggi quella degli Houston Rockets, il più grande cestista svizzero di sempre sta maturando l'idea di smettere con la NBA, e chissà, che se decidesse di far ritorno nella più sicura Svizzera non si metta al servizio di una formazione nostrana. Gli amanti del basket svizzero si stanno già fregando le mani.