Ai Giochi Olimpici di Parigi, terminati l'11 agosto scorso, la ticinese Anna Volz e la sua squadra del Museo Olimpico di Losanna sono riusciti a raccogliere un centinaio di oggetti destinati a completare le collezioni dell'istituzione losannese.
Avevamo incontrato Anna Volz, Senior manager Sviluppo e innovazione in seno al Museo Olimpico di Losanna, a metà luglio, poco prima che si recasse con la sua squadra di cinque persone, i cosiddetti «heritage hunters» (cacciatori di patrimoni), a Parigi.
Proprio come da obiettivo, sul posto sono riusciti a recuperare un centinaio di oggetti, molti dei quali sono già arrivati a Losanna mentre altri seguiranno nei prossimi giorni.
Cimeli prestigiosi
Fra i cimeli raccolti ci sono «cose molto prestigiose», spiega Volz per telefono a Keystone-ATS: «la racchetta di Djokovic con cui ha vinto la finale e la tuta da ginnastica della brasiliana Rebeca Andrade».
Per quanto riguarda il tennis gli «heritage hunters» hanno potuto acquisire anche una maglia di Rafael Nadal, oggetto che ancora mancava al museo, nonché una di Carlos Alcaraz.
Fra le storie più emozionanti Volz cita quella della judoka dell'Uzbekistan Diyora Keldiyorova, medaglia d'oro nella categoria -52kg, diventata la prima campionessa olimpica nel judo per il suo Paese nonché la prima medagliata donna in questa disciplina.
Keldiyorova ha donato al Museo Olimpico il suo Judogi (il costume da judo, ndr.) in una cerimonia svoltasi nel Centro dei media a Parigi in cui è apparsa, a sorpresa, la sua idola e judoka francese Clarisse Agbegnenou. Volz non ha potuto essere presente ma i suoi colleghi hanno descritto questo momento come «molto emozionante».
Pochi oggetti di atleti svizzeri
Alla colletta si aggiungono anche tre tavole da surf che giungeranno da Tahiti, acquisizione resa possibile dalla stessa federazione olimpica, spiega Volz. Gli atleti «sono onorati di dare qualcosa alla storia olimpica», afferma Volz.
Sul fronte svizzero sono relativamente pochi gli oggetti acquisiti, per ora c'è solo la donazione del cavaliere Martin Fuchs, spiega. Nonché la promessa di organizzare qualcosa al museo con la giovane medaglia di bronzo nella BMX Zoé Claessens.
La ticinese e il suo team hanno potuto però acquisire oggetti della cerimonia di apertura e chiusura che hanno un legame con la Svizzera: il costume del pianista giurassiano residente in Vallese Alain Roche, che ha suonato il piano in verticale, nonché il vestito d'oro della chiusura indossato dal «Golden Voyager», entrambi disegnati dallo stilista svizzero Kevin Germanier.
Una settantina di interviste
Oltre agli oggetti per il museo, Volz e la sua squadra hanno potuto effettuare una settantina di interviste con gli atleti per il progetto «Words of Olympians», da lei ideato e creato nel 2010.
Il museo dispone di più di 800 interviste filmate di olimpionici, della durata di circa 30 minuti ciascuna e trascritte e tradotte in inglese.
Fra le interviste effettuate Volz cita quella con la schermitrice ucraina Olga Kharlan, medaglia di bronzo a Parigi, conclusasi con la donazione della sciabola della campionessa. La ticinese è andata a cercarla il giorno dopo per portarla poi in albergo, girando per Parigi con l'arma.
Ai Giochi «c'era un'energia incredibile, per il pubblico è stato bello», dice Volz, aggiungendo che dal 26 luglio all'11 agosto «Parigi si è trasformata».
La squadra di «heritage hunters» ha attirato l'attenzione anche dei media internazionali, fra cui il New York Times. Un giornalista della nota testata americana l'ha infatti seguita dietro le quinte per un giorno intero. «È un onore per il museo e per il nostro lavoro», dice la ticinese.