19 ottobre 1987 Borsa: 30 anni or sono il crash più importante della storia

ATS

2.11.2017 - 11:58

BERNA

Esattamente 30 anni fa, il 19 ottobre 1987, i mercati borsistici mondiali subirono il tracollo più importante della storia. La domanda che non pochi si pongono è: succederà qualcosa di simile nei prossimi tempi?

In quello che è entrato negli annali come il "lunedì nero" - in analogia con il "giovedì nero" del 24 ottobre 1929 - Wall Street perse quasi il 23%, bruciando qualcosa come 560 miliardi di dollari. Passarono di mano 600 milioni di titoli.

Si trattò dell'arretramento percentuale in un giorno più marcato dalla prima guerra mondiale, quando la borsa di New York rimase chiusa per mesi e al primo giorno della riapertura perse il 24%. Il crash era però partito da Hong Kong (-46%) e aveva interessato anche le piazze europee, in particolare Londra (-27%).

Stando a quanto riferiva tempo addietro la Neue Zürcher Zeitung in Svizzera l'indice Swissindex quel lunedì perse "solo" l'11,3% e martedì arretrò di un altro 3,7%, mentre i corsi a Wall Street stavano già leggermente recuperando.

L'evento appare straordinario non solo per la sua portata, bensì perché a differenza di altri crolli borsistici non emerge un motivo chiaro riguardo a cosa abbia scatenato le vendite in massa. Ancora oggi sussistono controversie sulle cause di quanto successo.

Unanimità di vedute vi è invece in relazione al ruolo che hanno avuto i computer: l'uso di programmi che gestivano automaticamente acquisti e vendite ha senz'altro accelerato il movimento al ribasso. A questo proposito le borse presero in seguito delle contromisure.

Su un fronte più economico si può parlare di una combinazione di vari fattori. Vi fu l'annuncio di un deficit americano più importante del previsto, l'aumento dei tassi in Germania ma anche la progressione dei rendimenti delle obbligazioni, passati dal 7,5% al 10% nello spazio di qualche mese, cosa che provocò lo scoppio di una bolla speculativa sulle azioni.

Secondo Michel Girardin, docente di macroeconomia all'università di Ginevra, nei mesi prima del crack del 1987 vi fu uno spostamento massiccio degli investimenti dal mercato azionario a quello obbligazionario. Il rischio - spiega all'ats l'esperto - è che oggi possa accadere qualcosa di simile, un ritorno massiccio verso i titoli a tasso fisso, dopo che dal 2012 i rendimenti sono crollati - nel frattempo in Svizzera sono addirittura negativi - in seguito alla promessa della Banca centrale europea di fare tutto quanto necessario per salvare l'euro, nell'ambito della crisi greca.

Nel futuro rimarrà decisivo l'operato delle banche centrali. La Federal Reserve ha già indicato che la fine del programma di acquisto di titoli comporterà un aumento progressivo del rendimento delle obbligazioni e lo stesso avverrà nell'Eurozona, anche se più tardi. La situazione attuale è comunque particolare, perché caratterizzata da una crescita senza inflazione. "Per questa ragione le banche centrali attendono a innalzare i tassi, sebbene vedano che i mercati sono surriscaldati". Per fortuna hanno compreso l'importanza della comunicazione, cosa che permette di anticipare le mosse che saranno fatte.

Il crollo del 1987 non ha avuto conseguenze a lungo termine sull'economia reale. Contrariamente al 1929 le banche centrali reagirono infatti rapidamente: a partire dal giorno successivo la Fed iniettò liquidità sul mercato bancario, per evitare la paralisi. Due anni più tardi l'indice Dow Jones aveva recuperato quanto perso.

La crisi rivelò però l'interdipendenza fra i mercati di valute, interessi e azioni: dimostrò come un terremoto in un comparto provochi scosse anche negli altri due.

Secondo Girardin il crash del 1987 è stato un evento positivo, che ha "ripulito" il mercato. A suo avviso sono maggiormente da temere crolli come quelli vissuti nel 2000, nel 2002, 2007 o 2009. Comunque oggi una nuova crisi simile a quella del 1987 potrebbe provocare ingenti danni, vista l'enormità dei fondi investiti in azioni.

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