Natura Alaska: rimosso il «Magic Bus», reso celebre dal film «Into the wild»

Paolo Beretta

26.6.2020

La settimana scorsa la Guardia Nazionale dell'Alaska ha rimosso per motivi di sicurezza il «Magic Bus», veicolo abbandonato nelle terre selvagge e diventato rifugio di fortuna, in cui morì nel 1992 Christopher McCandless, giovane isolatosi dalla civiltà, la cui storia è stata raccontata in due libri, un film e un documentario.

L'autobus, un International Harvester K-5 del 1946, usato dalla città di Fairbanks per i pendolari prima e in seguito come alloggio provvisorio per gli operai della Yutan Construction Company durante la costruzione del sentiero Stampede negli anni '60, è stato elitrasportato in un «luogo sicuro», lontano da occhi e orecchie indiscrete, in attesa che venga deciso il suo destino.

Il veicolo, ora arrugginito, in origine bianco e verde, abbandonato in mezzo alla natura selvaggia vicino al Parco nazionale del Denali nel 1961 dagli operai, è conosciuto in tutto il mondo come il «Bus 142» o il «Magic Bus».

La sua celebrità è legata alla vicenda di Christopher McCandless, che ci è morto nel 1992, dopo averci vissuto per un certo periodo, isolato dal mondo, cibandosi soltanto di bacche e di prede che riusciva a cacciare. Dai testi ritrovati vicino al suo cadavere sono stati tratti il libro «Into the Wild», del 1996 di Jon Krakauer e l'omonimo film di Sean Penn, uscito nel 2007.  

Luogo di «pellegrinaggio» molto pericoloso

Il successo letterario prima e quello cinematografico poi, hanno attirato escursionisti da tutto il mondo in un territorio selvaggio e pieno di pericoli, dando il via a quello che molti giornali locali hanno battezzato come il fenomeno dei «pellegrini di McCandless» (McCandless pilgrims).

Questa sorta di «pellegrinaggio moderno» attira nella zona disabitata, stando alle cifre fornite dagli attori locali, circa 100 persone a stagione. 

Secondo le autorità dell'Alaska, citate dal New York Times, il fenomeno ha causato in un ventennio la morte di almeno due persone, annegate nel fiume Teklanika mentre stavano cercando di raggiungere il bus, e il ferimento di una quindicina di viandanti che stavano ripercorrendo le tappe del viaggio di Alexander SuperTramp, il nome con cui Christopher McCandless si faceva chiamare in quel periodo.

La prima vittima è svizzera

Una delle vittime, come si legge anche sull'Anchorage Daily News del 2010, era una svizzera di 29 anni. Il compagno di viaggio della donna, un cittadino francese 27enne, incontrato un paio di mesi prima in Alaska, anche se travolto dalla forza delle acque, è riuscito invece a salvarsi.

La portavoce dei militi impegnati nel recupero ha scritto nel rapporto, citato da diversi media, che malgrado il «Magic Bus» fosse proprio sulla riva opposta al luogo dell'incidente, il giovane ha dichiarato che non era la loro meta finale ma che stavano facendo un'escursione nella zona. La portavoce però ha sottolineato che: «Tutti sanno cosa stessero facendo lì». 

Nel 2019 nello stesso fiume ha perso la vita una 24enne bielorussa che assieme al marito ha cercato di attraversarlo per raggiungere il «Magic Bus».

Lo stesso McCandless, nei suoi testi, racconta di un tentativo fallito di attraversare il Teklanika per lasciare il bus. Il guado non era possibile poiché la portata dell'acqua, in una stagione di scioglimento dei ghiacci, era troppo forte. Nel libro di Jon Krakauer il fiume è considerato dal protagonista come un punto cruciale di non ritorno. 

Rimosso per motivi di sicurezza

Le operazioni di ricerca e di soccorso per recuperare le persone in difficoltà sono sempre state impegnative, pericolose e costose.  E sono diventate col tempo sempre più numerose.

Nei resoconti dei giornali online infatti nel 2010 le autorità parlano di una media di cinque casi di ricerca e salvataggio a stagione, mentre, dieci anni dopo, il loro numero, sempre a stagione, è più che raddoppiato, arrivando anche a 12 interventi. 

Proprio per questi motivi nel mese di marzo di quest'anno le autorità politiche locali hanno deciso la rimozione del veicolo.

Secondo il sindaco Clay Walker, inoltre, quello che era stato a lungo un luogo di rifugio e di soccorso per i cacciatori, è ormai in rovina. Insomma dopo decenni passati esposto alla forza estrema degli elementi non poteva nemmeno più essere usato come riparo. 

«Siamo sollevati» che il bus sia stato rimosso, ha affermato Walker al NYT,  «ma allo stesso tempo, onestamente, proviamo anche un sentimento di tristezza  perché era lì da molto tempo, faceva parte del posto e quindi è un pezzo della nostra storia che se ne va».

Operazioni di recupero complesse

Le operazioni di rimozione del «Magic Bus», secondo il NYT, hanno richiesto l'intervento di piloti, ingegneri, meccanici e squadre specializzate dell'Alaska Army National Guard (riserva militare).

Giunte sul posto con un elicottero Black Hawk, hanno dapprima dovuto liberare il mezzo dalla vegetazione. In un secondo tempo hanno forato il tetto e il pavimento per poterlo agganciare a delle cinghie, le quali sono poi state appese a un elicottero, un Boeing CH-47 Chinook a doppia turbina, che grazie alla sua potenza ha permesso di trasportare il bus in una cava nelle vicinanze.

Dopo essere stato caricato su un rimorchio il «Bus 142» è stato portato  in un «luogo sicuro», secondo Dan Saddler, un portavoce del Dipartimento delle risorse naturali dell'Alaska. La destinazione finale non è ancora nota ma Saddler ha affermato d'essere contento che le autorità abbiano «preso provvedimenti che eviteranno morti e feriti così come costi di ricerca e di salvataggio».

McCandless: pazzo o sognatore?

Il successo del best seller e della pellicola che parlano della vicenda di Christopher McCandless ha sollevato qualche polemica poiché la figura che ne scaturisce di un avventuriero romantico, morto inseguendo il suo sogno di libertà, cozza, secondo alcuni, con la cruda realtà della natura selvaggia. 

Da alcuni è considerato quindi come un moderno Henry David Thoreau, filosofo idealista del XVII secolo, che rinuncia ai beni materiali e intraprende un viaggio spirituale nella natura.

Da altri, soprattutto in Alaska, è visto come un «pazzo suicida», completamente impreparato a sopravvivere in un ambiente così selvaggio. Una guardia forestale del Parco del Denali infatti sottolinea il fatto che il giovane non conosceva la zona e non aveva nemmeno una carta topografica.

Non sapeva che a una trentina di chilometri dal bus, poco distante dalla strada di Stampede c'è una zattera che permette di attraversare il fiume in sicurezza. E che nel raggio di 10 chilometri dal «Magic Bus» avrebbe potuto trovare quattro rifugi con cibo per sopravvivere.

Con una mappa si poteva salvare

Per Jon Krakauer, autore del libro, invece, Alexander Super Tramp, era cosciente dei rischi che correva e cercava proprio la difficoltà. Difficoltà imposta dalla natura che però, vista la sua impreparazione,  gli è costata la vita. 

Nel «Magic Bus» è sopravvissuto 110 giorni con un sacco di circa 4 chili e mezzo di riso, un libro sulle piante selvagge commestibili, sul quale ha scritto molte annotazioni, e un fucile calibro 22 con cui cacciava la selvaggina.

Krakauer ammette che con una cartina topografica della regione il giovane avrebbe molto probabilmente potuto salvarsi ma l'avere una mappa, secondo lo scrittore, non corrispondeva all'idea di avventura di McCandless.

L'inizio del viaggio

Figlio di una famiglia benestante della East Coast, McCandless, ha donato, una volta laureatosi nel 1990, praticamente tutto il denaro del suo conto bancario (sui 20'000 dollari), a Oxfam, un'organizzazione benefica dedicata alla lotta contro la povertà.

In due anni ha visitato molti Stati come la Georgia, la Luisiana, il Texas, il Nuovo Messico, l'Arizona, la California, l'Oregon e il Montana, fermandosi in alcuni posti per racimolare un po' di soldi facendo alcuni lavori, tra i quali anche l'inserviente in un McDonald's.

Ha vissuto per alcune settimane per strada assieme a barboni, alcolizzati e vagabondi, prima di partire per quella che sarà la sua meta finale: l'Alaska.

Nel libro di memorie «Into the Wild Truth», pubblicato nel 2014, sua sorella minore Carine, ipotizza che il desiderio di Christopher di allontanarsi dalla famiglia e dalla società in generale sia riconducibile in particolare all'atteggiamento violento del padre, all'alcolismo e alle tendenze manipolatorie dei genitori durante la loro infanzia. Prima della pubblicazione i genitori hanno smentito i fatti descritti nel libro.

Le probabili cause della morte

Il giovane è morto a 24 anni, da solo nell'autobus, attorno al 18 agosto del 1992. Il cadavere è stato ritrovato da alcuni cacciatori un paio di settimane dopo. Le tesi sulle cause della sua morte sono state a lungo controverse.

Nel suo documentario del 2007 «The Call of the Wild» Ron Lamothe ipotizza che McCandless si sia ferito a un braccio e che questo episodio gli avrebbe impedito di attraversare il fiume per raggiungere la civiltà, costringendolo quindi a rimanere isolato e senza possibilità di ricevere aiuto.

La tesi più recente, pubblicata su una rivista scientifica nel 2014, che risulta oggi essere anche quella più accreditata, è che il giovane sia stato avvelenato dai frutti di una pianta, da lui ritenuti erroneamente commestibili, ma che in realtà contengono una neurotossina che paralizza lentamente il corpo. Incapace di cacciare, raccogliere e infine di muoversi, sarebbe quindi morto di fame.

Il «Magic Bus», veicolo abbandonato nelle terre selvagge, in cui morì nel 1992 Christopher McCandless.
Il «Magic Bus», veicolo abbandonato nelle terre selvagge, in cui morì nel 1992 Christopher McCandless.
Sgt. Seth Lacount/Alaska National Guard/AP/dpa
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