Svizzera Per i giovani la vita privata è più importante del lavoro

hm, ats

3.8.2022 - 17:03

Lavorare per vivere, non vivere per lavorare.
Lavorare per vivere, non vivere per lavorare.
Keystone

Per le giovani generazioni la vita privata ha la preminenza sull'impiego, il senso di un lavoro è più importante del salario, un ambiente inclusivo è requisito fondamentale e la perdita dell'occupazione non fa paura.

Keystone-SDA, hm, ats

Sono queste le quattro indicazioni principali che emergono da un sondaggio pubblicato oggi dalla società di consulenza Randstad.

Stando al rilevamento demoscopico – condotto a livello internazionale, con almeno 800 interpellati per nazione – il 36% degli svizzeri appartenenti alla generazione Z (18-24enni) e a quella dei Millenial (25-36enni) hanno già lasciato un lavoro perché non era compatibile con la propria vita privata.

Il 67% dice di essere pronto a rescindere il contratto di impiego se questo impedisce di godersi la vita. «Non più vivere per lavorare, ma lavorare per vivere», riassumono i sondaggisti.

I valori sono importanti 

Per i giovani è inoltre importante svolgere attività significative ed essere certi che i valori del datore di lavoro corrispondano ai loro: molti (29%) sarebbero ugualmente soddisfatti di una retribuzione inferiore se sentissero di fare qualcosa per il mondo o la società con la loro attività.

Nella scelta di un datore di lavoro i valori sociali e ambientali, così come un ambiente diversificato e inclusivo, giocano un ruolo fondamentale. Quasi la metà (44%) dei giovani sotto i 24 anni non lavorerebbe per un'azienda che non promuove in modo attivo la diversità e l'uguaglianza. Se i valori personali sulle questioni sociali e ambientali non possono essere conciliati con quelli dell'azienda, il 43% dei Gen Z e il 39% dei Millennial rifiuterebbero il lavoro.

Ai giovani non manca inoltre la fiducia: più della metà (57%) degli intervistati di età inferiore ai 24 anni si sente sicura di poter trovare rapidamente un nuovo impiego se dovesse perderlo. Tra i Millennial la percentuale sale al 62%.

L'opinione dell'esperta

Secondo Susanne Beer, direttrice delle risorse umane presso la filiale elvetica di Randstad, lo spostamento delle priorità nelle giovani generazioni non è segno di una mancanza di volontà di lavorare o di lealtà nei confronti delle aziende.

A suo avviso i dati mostrano che le forze si stanno rimescolando nel mercato del lavoro e che i dipendenti attribuiscono un valore maggiore alla loro vita personale. «Le aziende possono e devono rispondere a questa esigenza», conclude l'esperta, citata in un comunicato.