Ecco perchéUscire dalla zona di comfort? Secondo due esperti «è sbagliato»
hm, ats
24.9.2024 - 15:00
Uscire dalla cosiddetta «zona di comfort» per essere più performanti, come spesso si viene invitati a fare sul posto di lavoro dai propri superiori gerarchici? Tutto sbagliato, affermano due esperti: meglio sfruttare i punti di forza che lavorare sulle debolezze.
Keystone-SDA, hm, ats
24.09.2024, 15:00
24.09.2024, 15:04
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«Agire sui propri difetti consuma un'enorme quantità di energia, generando dolore e persino sofferenza, con un risultato finale sempre deludente, perché non è quello il campo in cui si è esperti», affermano due specialisti, Denis Pennel e Gilone de Maigret, in «50 conseils pour retrouver l'énergie!», un libro pubblicato nel corrente mese di settembre di cui riferisce oggi Le Quotidien Jurassien.
«È come chiedere a un noto pittore di concentrarsi sulla scultura o sulla fotografia d'arte, anche se non eccelle in queste discipline», sostengono gli autori.
«Se il vostro datore di lavoro vi ha assunto è perché ha riconosciuto che avete un talento particolare, un'abilità forte che mancava nella sua azienda per completare con successo un progetto o raggiungere un obiettivo. Concentratevi quindi su ciò che vi rende diversi: è questo che vi aggiunge valore».
Secondo i due specialisti concentrarsi su ciò che si è in grado di fare per farlo ancora meglio è una fonte di gioia e di energia. Tutti vedono invece quanta energia viene sprecata per un compito che non viene raggiunto: agli occhi Pennel e de Maigret questo appare così logico che viene da chiedersi perché i manager siano così ossessionati dall'idea di «uscire dalla zona di comfort».
Come agire, quindi? Innanzitutto occorre individuare i punti di forza, interrogandosi sulle proprie passioni, oppure chiedendo agli altri quali sono le qualità che vedono in noi. In seguito ci si dedica ad essi, lasciando da parte i punti deboli. Molto rapidamente ci si sentirà «meno stanchi e più radiosi», promettono gli autori. Inoltre «la vostra energia sarà fonte di ispirazione per gli altri», concludono.