Russia Addio a Mikhail Gorbaciov, l'ultimo leader dell'Urss

SDA

30.8.2022 - 23:45

Il politico che aveva riformato l'Unione Sovietica prima che si dissolvesse aveva 91 anni ed era malato da tempo. Apprezzato in Occidente, ritenuto responsabile del crollo dell'Urss in patria, fu protagonista principale di molti cambiamenti geopolitici negli anni '80. 

A Berlino il 21.11.2011 l'ex Presidente dell'Unione Sovietica, Mikhail Gorbaciov, fotografato a margine di una conferenza stampa.
A Berlino il 21.11.2011 l'ex Presidente dell'Unione Sovietica, Mikhail Gorbaciov, fotografato a margine di una conferenza stampa.
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Keystone-SDA

«Questa sera, dopo una grave e prolungata malattia, Mikhail Sergeyevich Gorbaciov è morto».

Poche, scarne parole, per sancire la definitiva uscita di scena dell'uomo che come pochi altri ha segnato i destini dell'umanità sul finire del Ventesimo secolo, con conseguenze che in qualche modo continuano a ripercuotersi sul drammatico momento che l'Europa sta vivendo, con il nuovo scontro fra la Russia e l'Occidente.

Un protagonista assoluto degli anni '80

La perestroika, il crollo del Muro di Berlino, la fine della guerra fredda, il disarmo nucleare, il ritiro dall'Afghanistan: il nome di Mikhail Gorbaciov, spentosi martedì in ospedale all'età di 91 anni dopo una lunga malattia, evoca un'intera epoca di cambiamenti storici conclusasi nel '91 con il crollo dell'Urss, di cui fu l'ultimo presidente prima di cedere il potere al suo rivale Boris Ieltsin.

Gorbaciov arriva dalla provincia, da un villaggio della regione meridionale di Stavropol, dove nasce il 2 marzo 1931 da una famiglia di agricoltori che gli trasmette l'amore per la terra e le cose semplici.

Dopo un'esperienza nel Komsomol – la gioventù comunista – ancora impregnata di retorica staliniana, sbarca a Mosca all'inizio degli anni Cinquanta e si laurea in giurisprudenza nel 1955.

Negli anni universitari si iscrive al partito comunista e conosce Raissa Titarenko, che con il suo sorriso e la sua eleganza rivoluzionerà l'immagine della first lady sovietica. La sposa poco dopo e resterà la sua fedele, amatissima compagna di vita sino alla sua morte, nel 1999.

L'inizio della carriera politica

La carriera politica di Gorbaciov inizia nel 1970, quando viene nominato primo segretario del partito a Stavropol. Dieci anni dopo torna a Mosca come membro a pieno titolo del Politburo: è il più giovane di tutti. Rafforza la propria posizione sotto le ali protettive di Andropov, capo del Kgb e originario anche lui di Stavropol.

Viaggia spesso all'estero e nel 1984 incontra per la prima volta l'allora primo ministro britannico Margaret Thatcher, «un osso duro» con cui stabilirà poi un rapporto di stima e fiducia. L'anno dopo, con la morte di Cernenko, è il suo turno.

A Londra il 15 dicembre 1984 con Margaret Thatcher.
A Londra il 15 dicembre 1984 con Margaret Thatcher.
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1986, l'arrivo della Glasnost e della Perestroika

L'11 marzo 1985 diventa segretario generale del Pcus: ha solo 54 anni, una svolta generazionale dopo un lungo periodo di gerontocrazia.

Il 1986 è già un anno cruciale, che rafforza le attese e le speranze, in Urss come nel resto del mondo, legate alla nuova leadership sovietica. A febbraio Gorbaciov lancia le sue parole d'ordine, Glasnost (trasparenza) e Perestroika (ristrutturazione), per portare una inedita ventata di libertà nei media e nell'opinione pubblica e per riformare un sistema economico sempre più stagnante.

I primi passi del disarmo nucleare

In ottobre invece si incontra con l'allora presidente americano Ronald Reagan a Reykjavik, in Islanda, per discutere la riduzione degli arsenali nucleari in Europa, suggellata l'anno successivo dalla firma di uno storico trattato.

Nel luglio del 1991 fa il bis con George Bush: lo 'Start 1' per una forte riduzione delle armi nucleari strategiche. Gorby, come ormai viene amichevolmente chiamato in Occidente, riabilita anche i dissidenti più celebri, a partire dal fisico Andrei Sakharov, dopo otto anni di confino.

Mikhail Gorbaciov e Ronald Reagan si erano già incontrati a Ginevra nel 1985.
Mikhail Gorbaciov e Ronald Reagan si erano già incontrati a Ginevra nel 1985.
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1989, le prime elezioni libere e il crollo del Muro

Il percorso democratico interno avanza, le riforme economiche meno. Il potere viene spostato dal partito agli organi legislativi eletti a suffragio universale e nel marzo del 1989 ci sono le prime libere elezioni: una data storica.

Nel 1990 il ricostituito Congresso dei deputati del popolo elegge Gorbaciov presidente, con più ampi poteri. Nel frattempo è già cambiata la geografia e la storia dell'Europa, che per il padre della peretroika deve diventare «una casa comune».

Il 9 novembre 1989 crolla il Muro di Berlino, il simbolo della guerra fredda, seguono le rivoluzioni di velluto nell'Europa centro-orientale e la riunificazione della Germania. Tutto con l'avallo di Gorbaciov, che nel 1989 ritira anche le truppe dall'Afghanistan.

Dal Nobel della pace alla caduta politica

Nello stesso anno compie due visite storiche: a maggio a Pechino, dove Cina e Urss riallacciano i rapporti interrotti trent'anni prima; il primo dicembre in Vaticano da Wojtyla, primo leader sovietico ad incontrare un Papa.

Inevitabile, e meritato, il Nobel per la pace nel 1990. Il 1991 è però un anno drammatico per lui: in agosto viene sequestrato per tre giorni nella villa presidenziale in Crimea, vittima di un golpe dei comunisti conservatori spento solo dalla coraggiosa resistenza del presidente russo Ieltsin. Che l'8 dicembre successivo firma con Ucraina e Bielorussia la nascita della Csi, la Comunità di Stati indipendenti: è la fine dell'Urss.

Impotente e ormai impopolare dopo le sue riforme troppo lente e prudenti, inviso anche per la sua crociata contro la vodka, umiliato nel duello con l'esuberante Ieltsin, il riflessivo Gorbaciov getta la spugna poche settimane dopo, il giorno di Natale.

Insieme alla bandiera rossa viene ammainata un'epoca, tramontava un impero che aveva sconfitto i nazisti e mandato il primo uomo nello spazio ma anche milioni di suoi concittadini nei gulag.

Più luci che ombre nelle sue azioni?

Nella sua biografia restano alcune ombre, come l'invio del carri armati in Lituania contro le prime aspirazioni indipendentiste o la catastrofe nucleare di Cernobyl nel 1986, passata sotto silenzio per diversi giorni nonostante la glasnost.

Ma i suoi meriti storici prevalgono di gran lunga, nonostante l'impopolarità o l'indifferenza tra i russi, che non gli perdonano il crollo dell'Urss. Il suo impegno a favore della pace, della democrazia e dell'ambiente è continuato sino a poco tempo fa, tra conferenze, incontri e critiche aperte alla deriva autoritaria di Putin.

Anche se nel 2014 era tornato a difenderlo come paladino degli interessi russi, a partire dall'annessione della Crimea, contro l'imperialismo Usa. Ma chiedendo anche, fino alla fine dei suoi giorni, di evitare il rischio di uno scontro nucleare.

Mikhail Gorbaciov con il presidente russo Vladimir Putin nel 2004.
Mikhail Gorbaciov con il presidente russo Vladimir Putin nel 2004.
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L'uscita di scena iniziata due decenni fa

Il comunicato emesso in nottata dalla Clinica ospedaliera centrale di Mosca dà conto della scomparsa dell'ultimo leader sovietico, ma la sua uscita dalla scena politica e anche dalla memoria delle nuove generazioni, in Russia così come all'estero, era cominciata da decenni, ed era diventata quasi totale negli ultimi due anni.

Da quando cioè Gorbaciov, ormai un fragile ultranovantenne malato, era stato costretto ad un pellegrinaggio da un ospedale all'altro, e poi al quasi totale isolamento anche a causa della pandemia da Covid.

La paura del conflitto nucleare è rimasta fino alla fine

L'ultima volta che aveva fatto sentire, indirettamente, la sua voce, era stato all'inizio di marzo, due settimane dopo quella che a Mosca è chiamata l'operazione militare speciale in Ucraina. A riferire le sue parole era stato il Premio Nobel per la pace Dmitry Muratov, che lo aveva visitato in clinica. «Non sta bene – aveva detto Muratov – ma mi ha detto che bisogna fare quanto possibile per fermare la minaccia di una guerra nucleare».

Era ancora quella, dunque, la preoccupazione dell'uomo che della distensione con l'Occidente, insieme con le riforme interne all'Urss, aveva fatto la bussola della sua azione di governo, dopo essere arrivato nel 1985 alla guida di un gigante malato, in cui il velo sottile dell'ideologia non poteva più nascondere gli sconquassi di un sistema minato alle fondamenta.

Apprezzato in Occidente, ma...

La sua ricerca di migliori relazioni con gli Usa e l'Europa occidentale, e gli accordi per la riduzione dell'arsenale nucleare con il presidente Usa Ronald Reagan, lo avevano reso un idolo dei governi e delle opinioni pubbliche straniere, oltre che fargli ottenere, come detto prima, il Premio Nobel per la pace.

In Occidente avevano preso a chiamarlo Gorby e a lui era stata dedicata una canzone da discoteca. Al suo fianco, a confermare la sua immagine rassicurante, era sempre presente la moglie Raisa, popolare quanto lui. E accanto a lei l'ex leader verrà sepolto, come lasciato scritto nel testamento, nel cimitero di Novo-Dyevitchiye.

... molto meno in patria

Ma sul piano interno Gorbaciov non ha avuto altrettanta fortuna. Per molti russi era l'uomo che proprio con le sue riforme aveva portato al tracollo non solo di un regime repressivo, ma anche di un Paese che proprio sotto l'Urss aveva raggiunto la sua massima potenza e poi si era dissolto per lasciare spazio all'avvento della Russia ultraliberista dell'era Eltsin, quando le condizioni economiche di gran parte della popolazione si erano deteriorate a livelli drammatici e l'economia era finita in mano ad affaristi senza scrupoli e gruppi criminali.

I sondaggi condotti fino a due anni fa dal Centro Levada, un istituto statistico russo indipendente, davano Gorbaciov tra gli ultimi posti nella classifica dei personaggi russi più ammirati in patria mentre svettava in cima alla graduatoria Stalin. Potere della nostalgia.

Il dopo Gorbaciov favorì l'ascesa di Putin

Proprio il senso di disfatta e la paura del caos generata in quegli anni sono stati tra i motivi che hanno consentito a Vladimir Putin di raccogliere vasti consensi, presentandosi come il leader che ha saputo riportare ordine nelle strade, benessere economico e un nuovo orgoglio per la grandezza russa.

Almeno fino all'inizio dell'operazione in Ucraina, che ha portato al ritorno della guerra fredda che Gorbaciov aveva fatto di tutto per finire. Putin è stato il primo a reagire, inviando alla famiglia del defunto «le più profonde condoglianze». Anche a lui l'ultimo leader sovietico lascia in eredità il suo monito: «Fare di tutto per evitare un conflitto nucleare».