Guerra in UcrainaSempre più bombardamenti, si spera nella diplomazia
SDA
16.3.2022 - 22:26
A tre settimane dall'inizio della guerra, sull'Ucraina martoriata continua la pioggia di missili russi. Anche oggi, i raid hanno preso di mira obiettivi civili da nord a sud. Si sarebbero anche intensificati i bombardamenti sulle città meridionali. Intanto, ci sono stati nuovi negoziati tra Kiev e Mosca.
Keystone-SDA
16.03.2022, 22:26
16.03.2022, 22:35
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In serata nuove bombe sono cadute su Kiev sotto coprifuoco, colpendo diverse case. Stragi che si susseguono alimentando il bilancio sempre più drammatico di vittime tra la popolazione, che per l'Onu è arrivato a 726, di cui almeno 52 bambini. Per le autorità locali i minori uccisi sono però il doppio.
Ma la resistenza ucraina cerca di rispondere colpo su colpo, rivendicando controffensive «in diverse aree operative», e annuncia la liberazione con un blitz delle forze speciali del sindaco-simbolo di Melitopol, Ivan Fedorov, sequestrato venerdì.
Strage a Mariupol
Il fronte di Mariupol resta al centro dell'offensiva russa, che continua a colpire indiscriminatamente. Le autorità ucraine hanno denunciato un attacco sferrato contro i civili in fuga con diversi morti, dopo che nei giorni scorsi quasi 30'000 persone erano riuscite a scappare attraverso i corridoi umanitari.
Nella città portuale sul mar d'Azov, dove 350'000 residenti restano intrappolati senza acqua corrente, cibo e medicine e le vittime civili denunciate dall'amministrazione sono oltre 2500, i raid non danno tregua e in serata hanno colpito un teatro d'arte drammatica convertito in rifugio per «centinaia di persone», tra cui «molti bambini», facendo temere una nuova carneficina.
Bombe sono state lanciate anche su una piscina: sotto le macerie, secondo i soccorritori, ci sarebbero donne incinte e bambini. Dagli ospedali cittadini rimbalzano immagini drammatiche di feriti con i corpi dilaniati e insanguinati e diversi cadaveri accatastati per l'impossibilità di seppellirli.
Ma Mosca nega questo raid, come quello a Chernihiv, accusando la milizia ultranazionalista ucraina del Battaglione Azov di aver distrutto l'edificio.
Nel mirino dei bombardamenti sono finite anche le torri della radio e delle telecomunicazioni.
Una strategia d'assedio che si nutre del terrore seminato tra la popolazione dagli incursori nemici, che continuano a tenere in ostaggio oltre 500 persone nell'ospedale regionale di terapia intensiva, usandoli «come scudo».
Un'azione che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha paragonato al sequestro del nosocomio di Budennovsk durante la guerra in Cecenia e che in serata ha spinto il presidente degli USA Joe Biden a definire per la prima volta Vladimir Putin «un criminale di guerra».
Insieme ai raid aerei e d'artiglieria, con i carri armati che avanzano, l'accerchiamento di Mariupol si compie anche dal mare. Secondo il consigliere del sindaco Petro Andryushchenko, «i primi missili sono stati lanciati verso la città da una nave vicino a Bilosaraiska Kosa», nella zona costiera sudoccidentale.
Bombe su Odessa
I timori di un attacco anfibio attanagliano anche Odessa, la preda forse più ambita dell'offensiva di Putin.
Con il favore della notte, le navi da guerra nel mar Nero hanno iniziato a bombardare le coste vicino alla città, la terza più grande dell'Ucraina e principale porto del Paese, a poche decine di chilometri dal confine moldavo, mettendo nel mirino postazioni delle forze armate e infrastrutture militari a sud della città, nella zona di Belgorod-Dnestrovsky.
Le altre città
Gli attacchi proseguono anche nel resto dell'Ucraina. A Chernihiv sono stati ritrovati sotto le macerie altri cinque corpi, tre erano bambini.
Mentre a Kharkiv, secondo centro del Paese vicino al confine russo, tra i primi a finire sotto d'assedio, sono stati colpiti almeno due edifici residenziali e una scuola. Dall'inizio dell'invasione, le vittime sono almeno 500.
Ma la resistenza ucraina non si piega. A Kherson, sul mar Nero, occupata da giorni dalle truppe russe, un testimone ha riferito all'ANSA di intensi bombardamenti per tutta la notte contro l'aeroporto, dove si trovavano elicotteri russi, in un apparente conferma della controffensiva evocata da Kiev.
Sul terreno, intanto, è morto un altro generale russo, Oleg Mityaev: in tre settimane è il quarto, più di quanti Mosca ne abbia persi in tutta la guerra in Siria.
E a Melitopol, anch'essa in mano russa, gli ucraini hanno annunciato di aver liberato con un blitz il sindaco Ivan Fedorov, diventato un simbolo della lotta contro l'occupazione dopo il sequestro per essersi rifiutato di ammainare la bandiera.
Per lui, i cittadini erano scesi in piazza sotto la minaccia dei fucili russi. Ora, in attesa che torni «presto» alle sue funzioni, possono festeggiare l'annuncio del governo: «Vanya è al sicuro».
Nella diplomazia spunta un piano di pace a 15 punti
La rinuncia alla sovranità sulla Crimea e sulle autoproclamate repubbliche del Donbass e l'accettazione di uno stato di neutralità con la rinuncia ufficiale ad entrare nella Nato: sono queste, secondo voci sempre più insistenti, le condizioni a cui l'Ucraina potrebbe cedere per ottenere il ritiro delle truppe russe, in cambio però di garanzie di sicurezza internazionali.
E questo, al termine di una nuova convulsa giornata di trattative e contatti tra cancellerie, appare ancora come il nodo più difficile da sciogliere per mettere fine alla guerra dopo tre settimane di sangue.
Le garanzie che invoca Kiev – secondo una bozza in 15 punti in discussione tra le parti pubblicata dal Financial Times – potrebbero essere fornite da Stati Uniti, Gran Bretagna e Turchia, ma con la rinuncia dell'Ucraina ad ospitare basi militari straniere.
In questo caso, si chiedono osservatori stranieri a conoscenza degli argomenti in discussione, in cosa consisterebbero queste garanzie? Se in futuro ci fosse un nuovo attacco russo, questi Paesi sarebbero disposti a intervenire militarmente per difendere Kiev?
La giornata si era aperta con speranze di compromesso
La giornata si è aperta con le dichiarazioni distensive del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha parlato di un atteggiamento «più realistico» di Mosca, e quelle del ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, che ha accennato alla «possibilità di un compromesso».
A parlare per il capo della diplomazia del Cremlino è stato anche il linguaggio del corpo, in un'intervista concessa non alla televisione di Stato ma all'emittente privata Rbk: più rilassato rispetto ad apparizioni precedenti, Lavrov ha usato anche toni meno aggressivi, rinunciando per esempio a parlare di denazificazione dell'Ucraina e puntando piuttosto sulla «neutralità» di Kiev.
I negoziati hanno smorzato gli enstusiasmi
Mentre le ore passavano, però, nuove dichiarazioni hanno smorzato in parte gli entusiasmi. Il compromesso a cui pensa il Cremlino, ha detto il portavoce Dmitry Peskov, è una neutralità dell'Ucraina sul modello svedese o austriaco.
Un'ipotesi subito respinta dal capo negoziatore ucraino, Mykhailo Podolyak, secondo il quale «l'Ucraina è in uno stato di guerra diretta con la Russia, pertanto il modello può essere solo ucraino», con adeguate «garanzie di sicurezza» internazionali contro eventuali nuove aggressioni da parte di Mosca.
Nei colloqui però qualche passo si è fatto
La difficoltà a trovare un meccanismo credibile per rispondere alle esigenze di sicurezza ucraine sembra un ostacolo difficilmente superabile, anche se finora i negoziati hanno effettivamente fatto qualche passo significativo, registrato con esultanza dalle Borse.
Per esempio la rinuncia della Russia alla richiesta iniziale di destituire Zelensky, che Mosca apparentemente riteneva un obiettivo facilmente raggiungibile nell'ambito di una guerra lampo che avrebbe avuto l'appoggio della vasta parte di popolazione russofona.
Invece anche tra i moltissimi ucraini che parlano il russo – non solo nell'est del Paese ma anche a Kiev e in molte altre città, come Odessa – c'è stato un vasto sostegno al presidente.
Putin si è quindi ritrovato impantanato. E se anche vincesse il conflitto militare, non sarebbe facile per lui controllare il Paese. Forse per questo oggi ha assicurato che «l'obiettivo della Russia non è occupare l'Ucraina».
Ma se decidesse di ritirarsi dovrebbe comunque portare a casa qualche risultato che giustifichi i costi imposti all'economia russa.
Per esempio, appunto, il riconoscimento della Crimea russa e la conquista di Mariupol e della striscia di territorio che collega le repubbliche filo-russe del Donbass con la penisola. Obiettivo che gli consentirebbe anche di assicurare le forniture idriche alla stessa Crimea, oggi carenti.
La Turchia come mediatrice
«Dobbiamo accelerare le azioni a livello diplomatico», ha affermato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, il cui Paese sembra quello più impegnato nell'opera di mediazione.
Il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu, che ha incontrato Lavrov a Mosca e nelle prossime ore sarà a Kiev, ha portato la proposta di Ankara di ospitare un vertice Putin-Zelensky, che per ora sembra difficilmente realizzabile.
Mentre l'iniziativa di Israele sembra aver subito una brusca frenata.