Gran BretagnaBrexit: Times evoca accordo "segreto"
ATS
4.11.2018 - 21:54
Per un accordo sulla Brexit fra Londra e Bruxelles restano tre settimane. Ora il Sunday Times parla d'una possibile intesa "segreta" ormai raggiunta dietro le quinte fra Theresa May e i leader dell'UE per un patto di divorzio non troppo hard.
Theresa May Brasier è nata a Eastbourne, nel Regno Unito, il 1 ottobre 1956. Dal mese di luglio del 2016 è leader del partito conservatore inglese e primo ministro. Ha preso il posto di David Cameron, anch’egli conservatore, al 10 di Downing Street.Theresa May Brasier è nata a Eastbourne, nel Regno Unito, il 1 ottobre 1956. Dal mese di luglio del 2016 è leader del partito conservatore inglese e primo ministro. Ha preso il posto di David Cameron, anch’egli conservatore, al 10 di Downing Street.
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La sua ascesa politica legata di fatto al referendum che si è tenuto sul territorio britannico il 23 giugno 2016, con il quale i cittadini hanno chiesto di uscire dall’Unione europea. È proprio in seguito al voto, infatti, che Cameron si è dimesso, aprendo le porte dell’esecutivo a Theresa May.
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La leader della destra inglese, seguendo le indicazioni dell’elettorato, ha dunque preso le redini del governo avviando il processo di uscita dall’Ue, la cosiddetta Brexit. Un negoziato che però non appare semplice, sia per ragioni economiche, sia per il nodo rappresentato dalla frontiera in Irlanda del Nord.
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In questa immagine il primo ministro inglese tiene un discorso sulla questione dello sviluppo edilizio a Londra, il 5 marzo 2018.
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La formazione di Theresa May è da geografa. In passato, a cavallo tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, la conservatrice ha lavorato presso Bank of England, la banca centrale inglese. Quindi è stata assunta per più di un decennio negli organismi britannici che si occupano di fisco.
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L’ingresso in politica arriva negli anni Novanta: nel 1997, dopo due tentativi non andati a buon fine, viene eletta per la prima alla Camera dei Comuni. È stata membro di diversi “governi ombra” (organizzati dall’opposizione per contrastare le politiche dell’esecutivo ufficiale) e presidente del partito conservatore dal 2002 al 2003.
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Nel governo Cameron è stata segretaria di Stato agli Affari interni (tra il 2010 e il 2016) e ministro delle Donne e delle Pari opportunità (tra il 2010 e il 2012).
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In questa foto è ritratta all’esterno del Parlamento di Londra, il 22 marzo 2018, in occasione di una cerimonia di commemorazione delle vittime dell’attacco terroristico avvenuto nella stessa giornata dell’anno precedente. Un cittadino britannico, Khalid Masood, ha investito con un veicolo dei pedoni sul Westminster Bridge, uccidendo cinque persone e ferendone almeno 45.
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Sempre il 22 marzo, Theresa May si è recata a Bruxelles per partecipare al Consiglio europeo, focalizzato – tra le altre cose - su temi economici e sulle questioni legate alla Brexit.
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In occasione della riunione in Belgio, sono state approvate delle linee guida che saranno utilizzate nel corso dei negoziati, con l’obiettivo di stabilire le nuove relazioni tra il Regno Unito e il resto dell’Europa. Per Theresa May ciò rappresenta uno dei primi passi di un cammino che si preannuncia lungo.
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L'indiscrezione arriva da fonti, anonime, sia britanniche sia europee. E nessuno può escludere che stavolta sia quella buona, anche se mancano conferme ufficiali. Anzi, Downing Street insiste a gettare acqua sul fuoco delle aspettative. L'entourage di Theresa May per oggi frena. E liquida l'intero scenario con la parola "speculation", cioè come una "congettura" senza fondamento certo, pur aggiungendo che gli ultimi contatti negoziali con Michel Barnier sono andati "bene".
Stando al Times, in ogni caso, la quadratura del cerchio potrebbe consistere in una permanenza temporanea dell'intera Gran Bretagna nell'unione doganale, come soluzione per garantire il mantenimento d'un confine senza barriere fra Irlanda del Nord e Irlanda, ma pure evitare una diversità di status rispetto all'Ue fra la stessa Irlanda del Nord e il resto del Regno.
Se confermata, si tratterebbe di una concessione al governo May, in grado di allentare l'intricato nodo irlandese senza ricorrere al cosiddetto backstop: il meccanismo di salvaguardia preteso finora da Bruxelles per conservare inalterata la frontiera aperta fra Belfast e Dublino anche in mancanza di un successivo accordo generale con Londra sulle relazioni future destinato a essere negoziato più avanti, entro il termine del periodo di transizione già delineato fino al 31 dicembre 2020.
Non solo. Per facilitare le cose alla premier Tory sulla trincea interna, e consentirle di provare a tenere a bada la prevedibile ribellione dei "brexiteers" ultrà in seno al suo partito, l'intesa conterrebbe anche un'esplicita "clausola d'uscita" da questo legame doganale temporaneo.
Intanto, un secondo referendum sulla Brexit è stato invocato oggi in una lettera aperta da 70 top manager o ex manager della City, uomini e donne. Ma che May - nel timore di spaccare di nuovo il Paese e soprattutto di mandare in pezzi il Partito Conservatore - non ha la minima intenzione di concedere. Salvo terremoti.
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