Medio Oriente Tregua tra Gaza e Israele più lontana, Tel Aviv vuole la lista degli ostaggi

SDA

3.3.2024 - 22:02

Dopo le speranze, alimentate dagli Stati Uniti, si è tornati ad un punto morto, che di fatto allontana una nuova tregua a Gaza. I negoziati sono ripresi al Cairo con i mediatori regionali e gli americani, ma Israele non ha inviato una sua delegazione. La motivazione è che Hamas si rifiuta di fornire una lista degli ostaggi ancora in vita e avanza richieste considerate «assurde». Il movimento palestinese, invece, insiste per un cessate il fuoco permanente come condizione per liberare il resto degli israeliani ancora nelle sue mani.

Benjamin Netanyahu in una foto del 19 febbraio (immagine d'illustrazione).
Benjamin Netanyahu in una foto del 19 febbraio (immagine d'illustrazione).
EPA/ABIR SULTAN/KEYSTONE

3.3.2024 - 22:02

Gli emissari degli Usa e del Qatar sono tornati nella capitale egiziana con la speranza di facilitare un cessate il fuoco entro il Ramadan, il 10 marzo. In precedenza Washington aveva fatto filtrare segnali di ottimismo, riferendo che Israele aveva accettato in linea di principio un accordo per una pausa nelle ostilità di sei settimane e il rilascio in prima battuta di una quarantina di ostaggi.

Poi però è arrivata la doccia fredda, perché lo Stato ebraico si è rifiutato di partecipare ai colloqui al Cairo, accusando Hamas di aver fornito risposte «parziali». A pesare, soprattutto, il rifiuto di fornire l'elenco dei 130 ostaggi ancora detenuti a Gaza, inclusa la trentina che si ritiene siano morti.

Un altro nodo irrisolto è che Hamas ha ribadito di volere un cessate il fuoco permanente o almeno un'intesa su un percorso in quella direzione. Mentre il premier israeliano Benyamin Netanyahu non ha nessuna intenzione di fermare l'offensiva militare per «distruggere» il gruppo che governa la Striscia. La fazione palestinese ha poi messo sul piatto la richiesta del ritorno degli sfollati nel nord di Gaza e un aumento degli aiuti umanitari nell'ordine di «400-500 camion al giorno», rispetto agli 80 attuali. Tutte questioni aperte, tanto che una fonte della delegazione di Hamas in Egitto ha fatto sapere che un accordo in 24-48 ore è «improbabile».

Il conflitto si inasprisce

Il risultato dello stallo nei negoziati è che il conflitto, anziché fermarsi, si inasprisce, soprattutto nel sud, con l'esercito israeliano che si concentra nella periferia di Khan Yunis. Il ministero della sanità di Gaza, guidato da Hamas, ha denunciato 90 morti in 24 ore, tra cui quattordici membri di una famiglia, compresi due gemellini di quattro mesi, che sarebbero stati colpiti mentre si trovavano in casa, a Rafah.

L'esercito israeliano invece è tornato a respingere le proprie responsabilità nella strage di civili in attesa degli aiuti, il 29 febbraio: «L'indagine iniziale – ha riferito il portavoce Daniel Hagari – ha confermato che nessun attacco è stato condotto verso il convoglio di aiuti e che in maggioranza i palestinesi sono rimasti uccisi o feriti come conseguenza di una calca».

E l'esercito ha sparato soltanto contro dei «ladri» che minacciavano la messa in sicurezza dell'area. In ogni caso, la situazione per i civili nella Striscia si fa sempre più insostenibile. Secondo l'Onu la carestia è uno spettro che ormai minaccia oltre due milioni di persone.

A Israele turbolenze interne

In Israele, intanto, il governo deve fare i conti con turbolenze interne rispetto alla guerra a Gaza. Oltre alle decine di migliaia di persone che continuano a scendere in piazza per chiedere le dimissioni di Netanyahu ed il ritorno a casa di tutti gli ostaggi, si è aperto anche un caso all'interno dell'esecutivo di unità nazionale.

La missione di Benny Gantz negli Stati Uniti, per incontrare la vicepresidente Kamala Harris, il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan e membri del Congresso, a quanto pare non era stata concordata con il premier. Che quindi ha dato istruzione all'ambasciata di Washington di non assistere il leader centrista, membro del gabinetto di guerra.

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