Medio Oriente Primi aiuti al valico di Rafah, Israele «pronto a entrare a Gaza»

SDA

21.10.2023 - 21:25

Il capo di stato maggiore dell'esercito israeliano Heri Halevi è stato ancora più chiaro: "Entreremo a Gaza. Inizieremo una missione operativa e professionale per distruggere gli agenti di Hamas, le infrastrutture di Hamas".
Il capo di stato maggiore dell'esercito israeliano Heri Halevi è stato ancora più chiaro: "Entreremo a Gaza. Inizieremo una missione operativa e professionale per distruggere gli agenti di Hamas, le infrastrutture di Hamas".
Keystone

Poche ore di apertura poi subito la chiusura: dal valico di Rafah con Gaza per la prima volta, sono entrati i camion degli aiuti umanitari. Ma non le persone che restano intrappolate nella Striscia senza nessuna possibilità di uscita.

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  • Poche ore di apertura poi subito la chiusura: dal valico di Rafah con Gaza per la prima volta sono entrati i camion degli aiuti umanitari.
  • Dal valico di Rafah, la cui apertura è stata ottenuta faticosamente dopo 15 giorni di guerra, sono passati 20 camion, mentre sono stati 30 quelli palestinesi che, caricate le merci dall'altra parte del confine, si sono diretti verso i punti di distribuzione approntati dall'Unrwa (l'agenzia dell'Onu per i profughi) e dalla Mezzaluna Rossa.
  • Non appare esserci più alcuna resistenza all'avvio dell'operazione di Israele a Gaza, nonostante alcune pressioni internazionali per un contenimento della reazione.

Sono distanti circa 40 chilometri dal nord dell'enclave palestinese dove è sempre più vicino l'ingresso via terra dell'esercito israeliano. Il portavoce militare ha detto che le truppe, sia quelle già in servizio sia i riservisti, stanno continuando i preparativi per la «prossima fase della guerra, inclusa l'operazione di terra». In questi giorni – ha spiegato – sono stati «approvati i piani per le attività operative» e i soldati «sono schierati sul campo».

E il capo di stato maggiore dell'esercito Heri Halevi è stato ancora più chiaro: «Entreremo a Gaza. Inizieremo una missione operativa e professionale per distruggere gli agenti di Hamas, le infrastrutture di Hamas». «Entreremo e terremo in mente anche le immagini, le scene e i caduti dello Shabbat di due settimane fa», ha aggiunto riferendosi ai massacri compiti nell'attacco di sabato 7 ottobre.

Alcune pressioni internazionali

Non appare esserci dunque più alcuna resistenza all'avvio dell'operazione nonostante alcune pressioni internazionali per un contenimento della reazione israeliana.

La premier italiana Giorgia Meloni – arrivata questa sera a Tel Aviv dall'Egitto dove ha partecipato alla Conferenza di pace promossa dal presidente al Sisi e schierata a fianco di Israele – ha avvertito che «di fronte ad azioni», come quelle di Hamas, «uno Stato è pienamente legittimato a rivendicare il proprio diritto alla difesa, all'esistenza, alla sicurezza dei propri cittadini e confini».

«Ma – ha sottolineato – la reazione di uno stato non può e non deve mai essere motivata da sentimenti di vendetta».

Aiuti passati dal valico di Rafah

Dal valico di Rafah, la cui apertura è stata ottenuta faticosamente dopo 15 giorni di guerra, sono passati 20 camion, mentre sono stati 30 quelli palestinesi che, caricate le merci dall'altra parte del confine, si sono diretti verso i punti di distribuzione approntati dall'Unrwa (l'agenzia dell'Onu per i profughi) e dalla Mezzaluna Rossa.

Israele ha fatto sapere «che non colpirà le zone sicure a Gaza dove viene distribuito l'aiuto umanitario a meno che da quelle stesse zone non siano lanciati razzi verso il territorio dello stato ebraico. «Sono – ha specificato – zone sicure. Abbiamo un sistema per cui se una area è in una zona sicura, dichiariamo quella stessa zona 'sicura'. E non l'attaccheremo». Fatto sta che questa prima «goccia nel mare» magno delle necessità per la stremata popolazione della Striscia non appare per nulla sufficiente.

Il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres, ha denunciato che «la popolazione di Gaza ha bisogno di un impegno per molto di più: una fornitura continua di aiuti nella misura necessaria. Stiamo lavorando senza sosta con tutte le parti interessate per realizzarlo». Poi dalla Conferenza di pace del Cairo ha invocato «una tregua umanitaria» vista «la catastrofe umanitaria». «Aldilà del confine – ha insistito – ci sono due milioni di persone tra cui bambini che necessitano di aiuti».

Conflitto ad una svolta?

La sensazione sul campo del conflitto è che si sia ad una svolta: Israele sta aumentando gli attacchi sulla Striscia per preparare il terreno rendendolo il più possibile sicuro all'ingresso via terra delle truppe.

Ad essere prese sempre più di mira non solo le strutture di Hamas e della Jihad ma anche i capi delle fazioni palestinesi. In un raid è stato ucciso, insieme alla moglie e ai membri della sua famiglia, Talal al Hindi, uno dei comandanti dell'ala militare di Hamas, le Brigate al Qassam. Ma – sul piano politico e militare – resta ancora aperto il rebus degli ostaggi israeliani in mano di Hamas.

Contatti in corso riguardo agli ostaggi civili

Il rappresentante dell'organizzazione a Beirut, Osama Hamdan, ha fatto sapere all'ANSA che «ci sono contatti in corso» con i mediatori arabi «Egitto e Qatar», per la liberazione di altri ostaggi civili dopo le due cittadine Usa rilasciate venerdì. «Lavoriamo – ha aggiunto un portavoce di Hamas – con tutti i mediatori per chiudere il dossier dei civili appena le condizioni di sicurezza saranno opportune». Ma non per la liberazione dei soldati: «Fino a quando sarà in corso l'aggressione nemica di questo non trattiamo», ha rimarcato Hamdan.

Ma Israele ha fatto scivolare le affermazioni in un gelido silenzio. L'esercito ha intanto aggiornato il numero degli ostaggi: sono 210 sia militari sia civili, tra cui donne, minori e anziani. «Quella – ha detto il portavoce militare – è la priorità di Israele».

Mentre al nord di Israele si aggrava la tensione il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha sottolineato che Hezbollah pagherà «una alto prezzo» per aver «deciso di partecipare ai combattimenti». Dal quel fronte continuano i lanci verso il territorio dello stato ebraico, mentre verso il sud ed il centro del Paese (anche su Tel Aviv) continua anche il lancio di razzi da Gaza.

L'esercito ne ha contati circa 7000 e di questi 550 sono ricaduto all'interno dell'enclave palestinese: ovvero uno su 5. Il bilancio dei morti continua a salire: a Gaza sono 4385, di cui 1756 minori e 976 donne mentre i feriti sono 13'561. In Israele le cifre riferiscono di circa 1500 morti, di cui 307 soldati.