BrasileLula «risorge» nel silenzio inquietante di Bolsonaro
SDA
31.10.2022 - 21:20
Una «resurrezione» nel silenzio enigmatico dell'avversario. Nel giorno del riscatto di Luiz Inacio Lula da Silva, abbracciato da un bagno di folla e accolto dai saluti di molti capi di Stato e di governo, a cominciare da quello di Joe Biden, l'unica stonatura è il silenzio di Jair Bolsonaro.
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31.10.2022, 21:20
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Il presidente uscente non ha concesso la vittoria, chiudendosi in un ermetismo che ha innescato una spirale di speculazioni, comprese le preoccupazioni di contestazioni e dimostrazioni di forza in uno scenario trumpiano.
«Hanno cercato di seppellirmi vivo ma sono risorto», ha esultato Lula nel suo primo discorso da presidente eletto. Ma se lui ha insistito sulla necessità di pacificare un Paese diviso «deponendo le armi» per «ridare speranza», «combattere la fame», «lottare contro la deforestazione» e «far riprendere a girare la ruota dell'economia», dall'altro l'ex capitano dell'esercito ha scelto di far salire il termometro della tensione.
Tanto che il New York Times non ha mancato di sottolineare: «Dopo la sconfitta, Bolsonaro è silente e il Brasile teme tumulti».
Una posizione dura quella del leader conservatore, mentre alleati chiave del presidente uscente, come il telepredicatore evangelico Silas Malafaia o il neoeletto governatore di San Paolo Tarcísio de Freitas, hanno invece riconosciuto che «il risultato elettorale è sovrano».
Steve Bannon: «Bolsonaro non lasci il potere»
Secondo i dati definitivi delle urne, l'ex sindacalista del Pt si è imposto per 2,139 milioni di voti sul leader di destra, incassando il 50,9% delle preferenze (60.345.999) contro il 49,10% (58.206.354), conquistando 13 stati, rispetto ai 14 di Bolsonaro, in un Paese che conta oltre 156 milioni di elettori.
Una situazione che presta il fianco a possibili contestazioni, come invoca l'ex stratega di Trump, Steve Bannon, che pare abbia collaborato alla campagna del presidente inviando suoi esperti a Brasilia. «Non è possibile che il risultato delle urne elettroniche sia corretto. Occorre controllarle una per una. E in questo periodo il presidente non deve lasciare il governo», ha incitato.
Una sfida che si aggiunge allo sforzo titanico che attende Lula nel suo terzo mandato. Il leader di sinistra infatti, oltre a mettere insieme tutte le sue capacità di conciliatore per unire una nazione profondamente divisa, dovrà amministrare un Brasile dove non ha la maggioranza al Congresso, dove i conservatori controllano gran parte degli Stati federali e dove c'è già un buco nero fiscale per il finanziamento del programma di welfare del suo predecessore.
Mistero su cosa ha fatto Bolsonaro
D'altra parte, ore dopo la vittoria del Pt, in vari Stati, da Rio al Minas Gerais, dal Paraná a Rio Grande do Sul, da Bahia al Mato Grosso, i camionisti hanno protestato bloccando le autostrade. «Ce ne andremo solo quando l'esercito farà il punto della situazione», hanno minacciato.
Intanto a Brasilia si racconta che Bolsonaro abbia trascorso la notte arroccato nell'Alvorada in compagnia del suo cerchio magico (di cui fanno parte i tre figli maggiori, Flavio, Carlos ed Eduardo) ad analizzare la situazione per capire come uscire dal labirinto politico.
C'è invece chi dice che abbia partecipato ad un rito evangelico a distanza, e chi afferma che le luci nella residenza presidenziale si siano spente circa due ore dopo il riconoscimento della vittoria di Lula.
Bolsonaro concederà la vittoria?
Ma al di là delle illazioni, sta di fatto che oggi nelle prime ore del pomeriggio si trovava al Palazzo Planalto, dove ha incontrato i generali Walter SouzaBraga Netto e Augusto Heleno, entrambi considerati membri della linea dura del governo, in contrasto con i ministri del Centrao, l'alleanza di partiti conservatori che all'indomani della sconfitta stanno già pensando di abbandonare l'ex pará.
E mentre il silenzio continua, crescono i timori che Bolsonaro possa essere pronto a sostenere l'azione di estremisti disposti ad assaltare la sede del Tribunale federale o della Corte superiore elettorale, in un'uscita di scena che ricorda il Bolivar di Garcia Marquez. O appunto il Donald Trump dell'assalto al Congresso.