Blitz storico Messina: decapitati due clan mafiosi

ATS

15.1.2020

In immagine Corleone, roccaforte della mafia a sud di Palermo, nel novembre del 2017.
In immagine Corleone, roccaforte della mafia a sud di Palermo, nel novembre del 2017.

KEYSTONE/EPA ANSA/MICHELE NACCARI / archivio

I carabinieri del Raggruppamento operativo speciale (Ros) e la Guardia di Finanza hanno arrestato 94 persone nel corso del più imponente blitz mai messo a segno contro i clan mafiosi messinesi dei Nebrodi.

Da quanto emerge dall'inchiesta i clan avrebbero intascato indebitamente fondi europei per oltre 5,5 milioni di euro, mettendo a segno centinaia di truffe all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), l'ente che eroga i finanziamenti stanziati dall'Ue ai produttori agricoli.

Oltre 600 i militari coinvolti nell'operazione che è stata coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Messina, guidata dal procuratore Maurizio de Lucia.

L'inchiesta ha portato anche al sequestro di 150 imprese. Decapitati i clan mafiosi dei Batanesi e dei Bontempo Scavo.

Due clan alleati

A fiutare l'affare milionario sono stati i clan storici di Tortorici, paese dei Nebrodi, i Batanesi e i Bontempo Scavo, che, anche grazie all'aiuto di un notaio compiacente e di funzionari dei Centri Commerciali Agricoli (CCA) che istruiscono le pratiche per l'accesso ai contributi europei per l'agricoltura, hanno incassato fiumi di denaro.

I due clan, invece di farsi la guerra, si sono alleati, spartendosi virtualmente gli appezzamenti di terreno, in larghissime aree della Sicilia ed anche al di fuori dalla regione, necessari per le richieste di sovvenzioni.

«Ciò, - scrive il giudice delle indagini preliminari (gip) che ha disposto gli arresti su richiesta della Dda di Messina- con gravissimo inquinamento dell'economia legale, e con la privazione di ingenti risorse pubbliche per gli operatori onesti».

Il meccanismo della truffa

La truffa si basava sulla individuazione di terreni "liberi" (quelli, cioè, per i quali non erano state presentate domande di contributi).

A segnalare gli appezzamenti utili spesso erano i dipendenti dei CCA che avevano accesso alle banche dati. La disponibilità dei terreni da indicare era ottenuta o imponendo ai proprietari reali di stipulare falsi contratti di affitto con prestanomi dei mafiosi o attraverso atti notarili falsi.

Sulla base della finta disponibilità delle particelle, veniva istruita da funzionari complici la pratica per richiedere le somme che poi venivano accreditate al richiedente prestanome dei boss spesso su conti esteri.

«La percezione fraudolenta delle somme - scrive il gip - era possibile grazie all'apporto compiacente di colletti bianchi, collaboratori dell'AGEA., un notaio, responsabili dei centri di assistenza agricola che avevano il know-how necessario per procurare l'infiltrazione della criminalità mafiosa nei gangli vitali di tali meccanismi di erogazione di spesa pubblica e che conoscevano i limiti del sistema dei controlli».

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