Medio OrienteUn mese di guerra, dal blitz di Hamas in Israele all'onda antisemita
SDA
5.11.2023 - 20:43
L'irruzione al rave, i massacri e i sequestri dei terroristi nei kibbutz, i bombardamenti israeliani con la battaglia a Gaza, la ricerca degli ostaggi e migliaia di palestinesi che tra le rovine di edifici e ospedali distrutti hanno la sola speranza di riparare in Egitto.
05.11.2023, 20:43
SDA
Da un mese il Medio Oriente, e non solo, è finito in un pantano insanguinato da cui al momento sembra difficile uscire: la guerra del Sukkot, scoppiata il 7 ottobre, è cominciata con l'attacco ad Israele da parte di Hamas, che ha ucciso oltre 1'400 persone sequestrandone 244.
Secondo le cifre palestinesi, la reazione di Tel Aviv con l'intervento militare deciso dal primo ministro Benyamin Netanyahu avrebbe invece provocato finora quasi diecimila morti nella Striscia.
È la fine di un equilibrio già precario che spacca anche l'Occidente, attraversato da gravi atti di antisemitismo nei quartieri ebraici di Parigi e in altri Paesi, dove qualcuno torna a marchiare le case degli ebrei con la Stella di David.
Le operazioni «Alluvione al-Aqsa» e «Spade di ferro»
La scintilla della nuova escalation è scattata con l'operazione «Alluvione al-Aqsa», pianificata in segreto per due anni e lanciata da Hamas quattro settimane fa, quando le Brigate di Al-Qassam, l'ala militare dell'organizzazione, annunciano l'offensiva con i razzi dalla Striscia di Gaza.
In quelle stesse ore i militanti armati, molti in motocicletta o penetrati con velivoli artigianali, compiono massacri nei kibbutz vicini al confine, uccidendo famiglie e sequestrando persone. Alcuni degli ostaggi, di varie nazionalità, sono stati prelevati durante un blitz dei terroristi ad un rave che si stava svolgendo al confine, altri uccisi nel tentativo di fuga.
La reazione allo Shabbat del massacro arriva poche ore dopo con un duro attacco: il premier Netanyahu dichiara che Israele è in guerra, lanciando così l'operazione «Spade di ferro» nella Striscia.
L'obiettivo, oltre a liberare gli ostaggi (finora ne sono stati rilasciati quattro), è di eliminare Hamas, colpendo anche la rete sotterranea dei suoi cinquecento chilometri di tunnel, e solo venti giorni dopo arriva l'annunciata invasione di terra israeliana a Gaza.
L'assedio a Gaza affligge principalmente i civili
L'assedio a Gaza affligge i civili, in gran parte privi di internet ed energia elettrica, e nella Striscia viene vietato l'ingresso di carburante, utile ai terroristi per lanciare i propri missili e permettere aria nei tunnel.
Già a metà ottobre l'esercito israeliano ordina ai palestinesi di spostarsi verso sud, chiedendo di fatto lo sfollamento di oltre un milione di persone: un'operazione giudicata impossibile dall'Onu, che mette in guardia dalle «devastanti conseguenze umanitarie».
Le parti in guerra spesso si accusano a vicenda, come il caso dell'ospedale Al-Ahli di Gaza, dove secondo il ministero della sanità locale sarebbero morte 500 persone sotto le bombe. Per l'intelligence occidentale si tratterebbe però di un fallito lancio di razzi della Jihad islamica palestinese.
Parallelamente prosegue il negoziato mediato dal Qatar per l'evacuazione di civili. Il 2 novembre 450 persone tra fragili, bambini e palestinesi con doppio passaporto e stranieri attraversano il valico di Rafah per entrare in Egitto.
Il rischio dell'entrata di altri Paesi nella guerra è alto
Nessun esito sulla richiesta di una tregua avanzata dall'assemblea generale dell'Onu. Anzi. Il rischio dell'entrata nel conflitto di altri Paesi è alto e mentre la Siria accusa Israele di aver attaccato i suoi aeroporti, i ribelli pro-Hamas dello Yemen lanciano droni: a sostenerli è l'Iran, che ora è meno isolato nella sua politica antisionista.
Aumenta la tensione ai confini a nord con Hezbollah, finora con razzi e colpi di mortaio, ma il leader del partito-milizia libanese al momento resta fuori dal coinvolgimento diretto.
Si fa incandescente la situazione in Cisgiordania, sull'orlo di una nuova intifada, dove continuano gli scontri tra i coloni ebrei e i palestinesi, tanto che in un mese l'esercito israeliano ne ha uccisi più di cento.
Il più grande alleato di Israele restano gli Stati Uniti, al punto che lo stesso presidente Joe Biden raggiunge Netanyahu a Tel Aviv per dargli sostegno chiedendo di garantire costanti aiuti umanitari.
Si lavora anche per restituire il controllo di Gaza all'Autorità nazionale palestinese (Anp) di Abu Mazen (Mahmud Abbas), che governa la Cisgiordania ma che perde sempre più consensi nei suoi territori.
L'altra partita degli Stati Uniti è capire chi governerà la Striscia dopo Hamas.