Museo Olimpico di Losanna Anna Volz, una ticinese alla caccia di patrimoni ai Giochi Olimpici

sifo, ats

18.7.2024 - 10:06

Anna Volz posa accanto alla tuta del lottatore cubano Mijain Lopez Nunez portata ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020
Anna Volz posa accanto alla tuta del lottatore cubano Mijain Lopez Nunez portata ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020
Keystone

La ticinese Anna Volz lavora da diversi anni al Museo Olimpico di Losanna. Ai Giochi Olimpici di Parigi, che si apriranno il 26 luglio, andrà alla caccia di patrimoni da esporre al museo. Keystone-ATS l'ha incontrata.

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Non si tratta di una ricerca volta unicamente ad arricchire il museo di oggetti ma soprattutto di storie che abbiano un valore, spiega Anna Volz, Senior manager Sviluppo e innovazione in seno al Museo Olimpico di Losanna, in un'intervista a Keystone-ATS.

Volz partirà alla volta di Parigi con un'équipe di cinque persone, «appartenenti a vari settori del dipartimento cultura del museo e del comitato olimpico», spiega. Si fanno soprannominare «heritage hunters» (cacciatori di patrimoni) e hanno iniziato la loro attività nel 1984.

Oggetti con una storia

Il lavoro dei cacciatori di patrimonio inizia solitamente due o tre mesi prima dei Giochi, richiede lungimiranza per poter fare «scelte tattiche» e include, fra le altre cose, stilare una lista delle possibili acquisizioni da fare sul posto, spiega la ticinese.

«Partiamo dai bisogni delle collezioni del museo. Queste fanno un inventario e guardano quali sport vorrebbero rappresentare maggiormente», precisa Volz. Ad esempio a Parigi sarà la prima (e forse anche ultima?) volta in cui ci sarà il breaking, «una delle priorità è quindi acquisire oggetti di questa disciplina, come magliette», spiega.

«Abbiamo già contatti con vari key players quali le federazioni internazionali di sport, manager o comitati olimpici nazionali. L'idea è di arrivare prima delle Olimpiadi avendo già contattato le persone che ci interessano e che possono aiutarci ad ottenere la donazione», precisa. «Non per forza l'atleta, che vogliamo lasciare tranquillo».

«Vogliamo trovare gli oggetti che serviranno poi a raccontare la storia delle Olimpiadi di Parigi e di quello che è successo là», spiega. Una volta acquisiti i patrimoni vengono fotografati e catalogati dall'équipe delle collezioni, aggiunge Volz.

C'è quindi spazio per sorprese nel lavoro degli «heritage hunters». Sul posto, per poter acquisire gli oggetti seguiranno il loro fiuto basandosi sugli incontri umani che si fanno anche per caso. «A Tokyo abbiamo collezionato vari skateboard grazie a una persona incontrata un po' per caso», afferma Volz.

L'obiettivo è di riportare da Parigi un centinaio di oggetti, spiega. Calcolando che gli atleti sono 10'000 e le medaglie circa 350, può sembrare poco ma richiede tuttavia parecchio lavoro per una squadra di 5-6 persone.

I patrimoni non si toccano

I patrimoni acquisiti, quali magliette e scarpe usate, non vengono lavati. «Vogliamo acquisire l'oggetto usato così com'è», spiega Pierre-Adrien Lagrange, dell'Ufficio stampa del Museo Olimpico, mentre ci mostra dei cimeli raccolti nelle scorse edizioni dei Giochi.

Esposta nel museo vi è la tutina del lottatore cubano Mijaín López Núñez, di cui Volz è particolarmente fiera. López l'ha indossata a Tokyo 2020 nel corso della lotta greco-romana nella categoria 130kg in cui si è aggiudicato la quarta medaglia d'oro consecutiva ai suoi quarti Giochi Olimpici. Volz ha potuto acquisire la maglia – fradicia di sudore – subito dopo la sua prestazione con tanto di autografo. L'ha poi fatta asciugare per tutta la notte, precisa.

Un altro cimelio, sempre scovato a Tokyo 2020, sono le frecce delle arciere sudcoreane An San e Kim Je-deok. La freccia della prima ha trapassato quella della seconda realizzando così il cosiddetto, e rarissimo, «Robin Hood». Una persona del Museo presente sul posto ha fatto sì che le frecce non venissero spostate di 1mm ma potessero essere conservate per testimoniare questa storia unica, afferma Volz.

Patrimonio immateriale

La ticinese è anche l'ideatrice del progetto «Words of Olympians», creato nel 2010, grazie al quale il museo ora dispone di più di 800 interviste filmate di olimpionici, della durata di circa 30 minuti ciascuna e trascritte e tradotte in inglese. Le domande poste sono inerenti alla loro esperienza di atleti e olimpionici, spiega Volz.

A Parigi Volz coordinerà una sessantina di interviste, che verranno effettuate da suoi colleghi nella tranquillità del Villaggio olimpico. «'Words of Olympians' è un progetto a lungo termine di storia orale in cui olimpionici di ogni età lasciano le loro testimonianze», precisa. Questi video vengono poi integrati negli archivi olimpici ufficiali e fungono da patrimonio. «È come andare a un seminario di motivazione personale perché il loro spirito è impressionante», dice Volz.

Fra le voci di olimpionici raccolte c'è anche quella del nuotatore ticinese Noé Ponti, medaglia di bronzo a Tokyo, che a marzo dello scorso anno ha donato costume, occhialini e cuffia che indossava ai Giochi al Museo Olimpico. Tutto ciò grazie ad amici di Volz che hanno fatto da tramite.

Attualmente e fino al 19 gennaio 2025 il Museo Olimpico espone la mostra temporanea immersiva «Paris Olympique, un voyage immersif» che porta il visitatore nelle tre Olimpiadi di Parigi del 1900, 1924 e 2024.