Il Portale cantonale di prevenzione contro la radicalizzazione e l'estremismo violento è ora confrontato anche con i membri di movimenti pro o antivaccino.
25.09.2021, 18:30
25.09.2021, 18:33
«Noi registriamo la punta dell’iceberg, il grosso è sui social». A parlare ai microfoni della RSI è Michela Trisconi, direttrice della Piattaforma cantonale di prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo violento.
Solitamente questo istituto si occupa di situazioni legate ad ambiti politici o religiosi, ultimamente però si trova anche a valutare i comportamenti di membri di movimenti pro o antivaccino coronavirus, riferisce il portale della RSI.
«Ciò che preoccupa - afferma alla RSI Michela Trisconi - è l'idea di contemplare la violenza per far valere le proprie opinioni».
Negli ultimi giorni si è assistito infatti in Svizzera a una escalation della violenza nelle manifestazioni contro le misure prese dal Governo, l’ultima in ordine di tempo quella non autorizzata svoltasi a Berna, dove alcuni hanno optato per lanciare oggetti e sparare fuochi d’artificio, riporta la RSI
Ma le manifestazioni come a Berna, possono essere considerate come matrice violenta di teorie no-vax? «Una manifestazione, se autorizzata e si svolge nell'ordine non rientra nella casistica dell'estremismo violento. A volte vengono infiltrate da soggetti che hanno altri obiettivi, come promuovere la violenza» risponde Trisconi ai microfoni della RSI.
Una nuova realtà che ha però lo stesso DNA delle altre sino ad ora analizzate e conosciute: ossia l’uso della violenza per far valere o imporre le proprie opinioni. Come spiega alla RSI Trisconi, nessuno mette in questione la libertà di esprimersi e protestare, il punto è in che modo.