COVID-19 Fra Michele Ravetta: «Siamo i portavoce dei famigliari»

SwissTXT / pab

13.4.2020

Immagine d'illustrazione
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Keystone

Una Pasqua con «tonalità ridotte»: è così che l'ha descritta il cappellano Fra Michele Ravetta, guardiano del convento del Bigorio, durante l'intervista di lunedì mattina ad Albachiara, trasmissione radiofonica della RSI.

«È vero, le nostre chiese non erano aperte al pubblico nel senso della partecipazione alla liturgia, ma in tutto il mondo la si è celebrata, anche nei luoghi in cui la gente ha toccato con mano la sofferenza, come negli ospedali e nelle case di cura».

Luoghi che il parroco conosce molto bene: «Mai mi sarei immaginato di essere mandato all'ospedale La Carità di Locarno, centro cantonale del COVID-19, per istituire un team reperibile 24 su 24 in un contesto così grave».

Lui e altri due confratelli sono infatti chiamati durante l'emergenza coronavirus ad aiutare non solo i pazienti durante il duro, e a volte fatale, isolamento, ma si trasformano nei portavoce dei famigliari, diventano il ponte che tiene unita una famiglia.

Portare conforto a volte è quasi impossibile...

Il limite delle visite è una tragedia, un figlio o un parente che vede scomparire il suo caro dietro una porta d'ospedale per poi magari non poterne rivedere nemmeno la salma. Elaborare una perdita non è mai facile, ancora meno in questi casi. E portare conforto a volte è quasi impossibile.

«Come due giorni fa - continua a raccontare Fra Michele Ravetta - quando abbiamo perso due coniugi, cioè è morto un coniuge e nel letto accanto c’era quello sopravvissuto. Immaginatevi cosa voglia dire portare un messaggio di conforto mentre accanto c’è il coniuge appena deceduto».

Il rischio di ammalarsi c'è, anche se le misure di prevenzione sono comunque molto severe: «Uno dei nostri si è ammalato, ora è a riposo».

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