Ticino
«Il lutto perinatale non è un tabù, ma non se ne parla abbastanza»

Il lutto perinatale oggi raccontato dalle ostetriche ai microfoni della RSI. Rispetto agli anni ’90, anche in Svizzera le pratiche sono cambiate.
Perdere un bambino prima del parto o nelle settimane successive alla nascita è un evento traumatico. È abbastanza frequente nei primi mesi di gravidanza (si parla di una gravidanza su quattro), lo è di meno una volta superato il primo trimestre.
Durante l’elaborazione della perdita, i genitori possono fare affidamento su diversi professionisti: i ginecologi, psicologi, sessuologi, e, figura sempre più importante, la levatrice.
«Non dico che sia un tabù al giorno d'oggi», commenta ai microfoni della RSI Annalisa Ruzittu, ostetrica e coordinatrice infermieristica del Dipartimento di ostetricia e ginecologia dell’EOC.
«Forse però non se ne parla abbastanza. È un evento talmente forte, emotivamente difficile da affrontare, che anche chi sta vicino alla coppia non sa come sostenerla. Si vorrebbe fare qualcosa ma si è un po’ frenati dalla paura. Negli anni mi sono resa conto che non serve dire molto: l’importante è essere presenti, far sentire che capiamo la loro sofferenza».
La prassi è cambiata
Se oggi alle mamme e ai papà viene concesso di abbracciare e prendere commiato dai corpicini, fino agli anni '90 in Svizzera non accadeva così. Negli ospedali si preferiva non mostrare i figli morti ai genitori. Si pensava di agire a fin di bene, ma per alcune persone questa mancanza pesa ancora oggi.
Anna Margareta Neff dirige il centro di competenza per il lutto perinatale Kindsverlust.ch. Ancora a decenni di distanza riceve e-mail, lettere e telefonate toccanti. «Si rivolgono ancora a noi anche donne anziane che non hanno potuto dare un ultimo saluto al loro figlio, che non sanno che ne è stato del corpo, e che vorrebbero riuscire a chiudere in pace questo capitolo», spiega.
Una sofferenza condivisa da tutti
«Un pensiero penso sia importante rivolgerlo anche agli operatori sanitari e alle levatrici», conclude Annalisa Ruzittu.
«Sicuramente il dolore più importante è quello dei genitori. Però anche per chi come operatore sanitario vive una situazione di questo tipo è sempre difficile. Devi prepararti, devi tenere da parte le tue emozioni e quindi è importante che il team sostenga la levatrice che quel giorno dovrà affrontare questa cosa».
L’aborto spontaneo nei primi mesi
Anche chi subisce una perdita nei primi mesi di gravidanza può e deve essere sostenuto. Statisticamente, si parla in media di una donna, ma varia poi a seconda della fascia d'età.
Nel centro di fertilità dell'EOC vengono seguiti i casi di poliabortività, ovvero le donne che subiscono più aborti. Per un sostegno psicologico vengono indirizzate a degli psicoterapeuti specializzati. La rete prevede che ce ne sia uno per regione, in modo da coprire un po' tutto il territorio ticinese.