Ticino Il pastore è ottimista: «C'è spiritualità nei giovani»

SwissTXT / red

25.12.2022

Stefano D'Archino, presidente sinodale della Chiesa evangelica riformata
Stefano D'Archino, presidente sinodale della Chiesa evangelica riformata
archivio Ti-Press

In occasione del Natale, ecco cosa pensa Stefano D'Archino, presidente della Chiesa evangelica riformata nel Ticino.

SwissTXT / red

Una laurea in matematica e successivamente una in teologia evangelica alla Facoltà valdese. È il percorso, tra scienza e fede, di Stefano D’Archino, 62 anni, romano di nascita, pastore della comunità riformata di Bellinzona e da maggio presidente del Consiglio sinodale della Chiesa evangelica riformata nel Ticino.

«Curo i protestanti di questo vasto territorio che va da Airolo al Gambarogno . Con me c’è un collega di lingua tedesca, per cui mi rivolgo soprattutto a chi parla italiano», si racconta D’Archino ai microfoni della RSI.

Dopo l’infanzia a Roma, gli studi, il lavoro come informatico e poi come pastore nel sud Italia, D’Archino a un certo punto si è trasferito in Bregaglia, dove è stato pastore per oltre 16 anni.

In maggio è succeduto a Tobias Ulbrich, presidente del Consiglio sinodale per 12 anni. Un incarico che D’Archino non ha preso alla leggera: «Quando mi hanno chiesto di presentarmi ho detto che si trattava di qualcosa di abbastanza complesso. Tra piccole e grandi incombenze, per un presidente c’è anche un aspetto di rappresentanza, di gestione e di propulsione verso il futuro della nostra Chiesa cantonale».

«Le Chiese come istituzione hanno perso appeal»

Nonostante un’indagine dell’Ufficio cantonale di statistica dica che il numero di chi si dichiara parte di una religione sia in notevole calo, il pastore di Bellinzona resta ottimista: «Devo dire che i numeri in Ticino non sono così drammatici, proprio perché probabilmente la nostra Chiesa evangelica riformata è così piccola. È chiaro però che a livello non solo svizzero, ma europeo, le Chiese come istituzione hanno perso una parte del loro appeal».

L’esperienza diretta, «scientifica», di D’Archino lo porta tuttavia ad essere ottimista. È vero, dice, che «le persone non vogliono essere inquadrate in una Chiesa e il senso comunitario sta venendo meno. D’altra parte, incontrando i giovani, io non ho visto un grande ateismo, ma ho notato anzi un grande interesse verso i temi della spiritualità delle religioni. Non sono quindi così negativo, penso che dobbiamo in quando modo riposizionarci come Chiesa e nel nostro presentare le attività che facciamo».

Inaggirabile la domanda sui suoi desideri per Natale. «Ci provo – risponde –. In fondo per me il Natale fa parte dell’anno liturgico. I temi vanno avanti, tempo dopo tempo, nel parlare alla comunità e alle persone che uno incontra di un Signore che viene per cambiare la nostra situazione e per darci speranza e forza. Con il Natale diciamo questo, ma in fondo lo diciamo in varie maniere tutto l’anno».