Mottarone Mottarone: al via lunedì la rimozione della cabina, mentre le famiglie si contendono Eitan

ATS / sam

9.10.2021 - 15:03

Una fotografia del luogo del dramma scattata dal Corpo Nazionale di Soccorso Alpino e Speleologico
Una fotografia del luogo del dramma scattata dal Corpo Nazionale di Soccorso Alpino e Speleologico
Corpo  Nazionale di Soccorso Alpino e Speleologico

Al via lunedì i lavori di rimozione della cabina della funivia del Mottarone, precipitata il 23 maggio causando la morte di 14 persone. Intanto continua la disputa tra le famiglie della mamma e del papà di Eitan, il bimbo di 6 anni unico superstite della tragedia.

9.10.2021 - 15:03

Inizieranno lunedì i lavori di rimozione della cabina numero 3 della funivia del Mottarone, precipitata il 23 maggio. È infatti terminato l'abbattimento di un'ottantina di alberi, intervento necessario per creare il corridoio nel quale dovrà operare, in sicurezza, l'elicottero che poi solleverà la cabina.

La procedura di rimozione del relitto, che sarà eseguita dai vigili del fuoco italiani, prevede che la cabina venga prima messa in sicurezza, poi stabilizzata e successivamente tagliata in diverse porzioni, facendo particolare attenzione alla parte che contiene la testa fusa, per mantenerne il più possibile l'integrità.

L'elicottero trasferirà i resti della cabina in un magazzino, a disposizione per gli accertamenti successivi. Le operazioni si svolgeranno con la supervisione del collegio peritale nominato dal tribunale.

La nonna: «L'Italia ha ucciso i miei cari, Eitan resti»

Intanto continua la disputa tra le famiglie della mamma e del papà di Eitan, il bimbo di 6 anni unico superstite della tragedia.

Esther Cohen Peleg, la nonna materna, ha infatti lanciato il suo atto d'accusa al termine dell'udienza a porte chiuse di ieri, venerdì, che ha segnato al Tribunale della Famiglia di Tel Aviv la ripresa del dibattimento - in programma anche questo fine settimana - sulla vicenda del piccolo: «L'Italia ha ucciso mio padre, mia figlia e mio nipote. Non possono prendere anche Eitan. Cosa mi è rimasto, capite?», ha detto.

Un'udienza alla quale Cohen Peleg - presentatasi a sorpresa nel pomeriggio in Tribunale - non è stata ammessa dalla giudice Iris Ilotovich Segal e che per questo ha innescato le sue rimostranze.

In aula erano presenti invece Aya Biran Nirko, la zia paterna affidataria della tutela di Eitan che si è rivolta al Tribunale di Tel Aviv per riavere il bambino in base alla Convenzione dell'Aja, e Shmuel Peleg, nonno materno, ex marito di Esther, che ha portato il piccolo in Israele dall'Italia dove è indagato per sequestro di persona.

La sessione - come ha spiegato il portavoce di Aya Biran Itay Ha Or - «non riguarda la questione del bene del bambino, né il suo affidamento, né quant'altro». L'udienza, ha aggiunto, «sarà centrata solo sulla questione della restituzione del bambino rapito, sulla base della convenzione dell'Aja». E questo è stato il tema trattato dai legali di Aya Biran per il rientro immediato di Eitan in Italia. Secondo quanto si è appreso sono stati sentiti, via remoto, anche alcuni esperti in Italia.

Atmosfera elettrica

Che l'atmosfera stesse diventando elettrica, lo si è capito all'arrivo - inatteso - di Cohen Peleg. Poco prima di sedersi fuori dell'aula, alla vista di uno degli avvocati dei Biran, Avi Himi, lo ha apostrofato: «Io sono la nonna, siamo una famiglia in lutto. Abbiamo perso tre generazioni e adesso voi state distruggendo l'immagine anche di mia figlia», riferendosi a Tal Peleg, la mamma di Eitan morta sul Mottarone.

La donna non ha spiegato i motivi di questa accusa ma - secondo alcune interpretazioni - in aula devono essere state fatte affermazioni a suo avviso non condivisibili.

La rabbia di Cohen Peleg è poi esplosa con forza al termine dell'udienza. «Mia figlia era completamente pulita. E sapete perchè sono fuori dall'aula? - ha gridato ai giornalisti visibilmente scossa - Perchè una donna giudice in Israele ha detto che, siccome non era stato consentito al Console italiano di entrare in aula, ha negato il permesso anche a me. Io sono la nonna».

«Lo stesso - ha aggiunto - è successo anche in Italia nel momento in cui io ero in lutto per mia figlia e non mi hanno dato la possibilità di esprimermi, non mi hanno dato l'occasione». Ed ha ribadito che il piccolo Eitan «sta bene in Israele».

Eitan tre giorni con Aya Biran e tre con il nonno Shmuel

Ora, domani sera - a quanto sembra, visto che gli avvocati delle parti non hanno rilasciato dichiarazioni - il dibattito andrà avanti con i legali delle parti che argomenteranno a favore - quelli dei Biran - o contro - quelli dei Peleg - il ricorso alla Convezione dell'Aja.

Le sedute riprenderanno domenica con l'ultima udienza. La giudice prenderà poi il suo tempo per decidere. Nel frattempo il piccolo Eitan continuerà l'alternanza dei tre giorni con Aya Biran e con il nonno Shmuel, come previsto dalla «intesa temporanea» raggiunta tra le famiglie lo scorso 23 settembre.

ATS / sam