L’incarto sull’imprenditore kosovaro è tornato di nuovo alla procura. Non si capisce quale danno avrebbe creato alle sue società.
28.03.2021, 18:15
28.03.2021, 18:32
Swisstxt / pab
Giovedì, per la seconda volta il Tribunale penale ha rinviato al ministero pubblico l’incarto sul «re dei ponteggi», finito sotto inchiesta quattro anni fa nell’ambito dello scandalo sui permessi falsi.
Il motivo della nuova, clamorosa battuta d’arresto è ancora più sorprendente: ad eccezione della perizia contabile, fatta appunto allestire su ordine del Tribunale, la procura non si è pressoché confrontata con le criticità che nel dicembre del 2017 avevano indotto la Corte a rispedire, la prima volta, il dossier al mittente.
Una lacuna – si legge nella decisione – «del tutto incomprensibile, già solo in ragione del tempo trascorso».
L’atto d’accusa, la cui struttura sarebbe «confusa tanto da precluderne la comprensione», ipotizza malversazioni per quasi 16 milioni di franchi. Illeciti che il 46enne kosovaro domiciliato nel Bellinzonese avrebbe compiuto a spese delle sue società.
Ma il punto è proprio questo. Le indagini non avrebbero accertato l’eventuale danno subito dalle stesse; né tanto meno l’esistenza di un nesso con l’agire dell’imputato. Dall’incarto emergerebbero solo dei passaggi di capitale tra le varie imprese, tutte – come detto – riconducibili a lui.
La Corte, presieduta dal giudice Amos Pagnamenta, avverte: se i problemi non verranno risolti, e non sarà quindi possibile pronunciare una sentenza, per quei fatti il Tribunale si vedrà costretto ad abbandonare il procedimento penale.
Dal canto suo la procuratrice Petra Canonica Alexakis ha preferito non prendere posizione. «Si procederà con le valutazioni del caso e con gli approfondimenti disposti dal Tribunale» – si è limitata ad aggiungere attraverso il portavoce del ministero pubblico.