Covid Una vita programmata dai tamponi

SwissTXT/Red

1.2.2022

Immagine d'illustrazione/foto d'archivio.
Immagine d'illustrazione/foto d'archivio.
Keystone

Le persone allergiche ai vaccini contro il Covid chiedono una deroga. Il loro caso sarà discusso a Berna dalla Commissione etica.

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Come riportato dalla RSI, le persone allergiche ai vaccini contro il Covid, in Svizzera, secondo gli esperti sono alcune centinaia.

Per loro non è prevista nessuna vera eccezione alle restrizioni in vigore. Benché abbiano la possibilità di ottenere un certificato che attesti l’impossibilità di vaccinarsi per motivi medici, per accedere alla maggior parte dei luoghi pubblici sono obbligate a presentare anche il risultato negativo di un test.

Con l’esplosione dei contagi si è infatti verificata una vera e propria corsa al tampone. Trovare un appuntamento comodo o vicino a casa è diventato più difficile e, oltre a ciò, la durata del certificato di un test rapido è stata ridotta a 24 ore.

Difficile organizzarsi

Il test molecolare (PCR), valido invece 72 ore e che permetterebbe a queste persone di avere un po’ più di agio, in assenza di sintomi è a pagamento. Anche con un certificato medico che attesta un’allergia.

Organizzarsi in maniera spontanea anche solo per andare a mangiare qualcosa è diventato impossibile, lo ha raccontato ai microfoni della RSI Daniela Carrara, un'artista di Mendrisio che è allergica a uno degli eccipienti presente nei vaccini disponibili attualmente in Svizzera.

Una vita che si traduce quindi inevitabilmente in un’agenda programmata e che nelle ultime settimane è diventata ancora più complicata.

«Viste le tante allergie, ogni cosa nuova per me va testata»

Così Daniela Carrara è stata dal suo allergologo. I test cutanei hanno mostrato una lieve reazione, per cui il medico le ha consigliato di prendere preventivamente degli antistaminici, ma di provare comunque a fare il vaccino.

«Dopo la vaccinazione mi si sono gonfiati gli occhi, le labbra, la morsa alla gola, e quindi ho telefonato immediatamente al mio allergologo». Una delusione, e una vita che si trasforma inevitabilmente in un’agenda programmata. «Non si può pensare di essere spontanei e di decidere all’ultimo minuto di andare al cinema o di andare anche solo semplicemente a mangiare qualcosa. Tutto deve essere organizzato».

Daniela racconta ai microfoni della RSI del cambiamento: «Sicuramente i contatti sociali sono pressoché nulli perché anche gli altri fanno fatica a organizzarsi con me. Mi è capitato a Lugano di non fissare un appuntamento e non c’era una farmacia libera che mi potesse fare il test e quindi pur dicendo che non è che io non voglia vaccinarmi, ma semplicemente non posso , non c’è stato modo di fare un test e non ho avuto modo neanche di bere un caffè e sono dovuta tornare a casa.»

Come Daniela così altre centinaia di svizzeri

Oltre a Daniela, ci sono altre centinaia di persone in tutta la Svizzera che non possono fare il vaccino per ragioni mediche.

«L’unica controindicazione, documentata anche da compendio, per la vaccinazione, è un’allergia agli eccipienti: prometamolo, polisorbato, macrogol». Tre sostanze, spiega Ivan Salvadé, allergologo e immunologo presso l’ospedale regionale di Locarno, che possono essere contenute in diversi tipi di farmaci. Ad esempio nel mezzo di contrasto usato per TAC e risonanze.

Prima del vaccino ad alcuni pazienti viene dunque consigliato un test cutaneo. «Pazienti con allergia a più farmaci non imparentati tra loro, oppure allergie severe dopo un farmaco in vena sconosciuto», spiega Salvadé. Le reazioni allergiche al vaccino avvengono nella prima ora successiva alla somministrazione.

«Le stime iniziali prevedevano una reazione allergica su 100’00 somministrazioni, che in Ticino vuol dire tre, che è comunque 10 volte superiore a un vaccino classico» afferma Salvadé. 

Quali sono le alternative?

Un allergico ha dunque due possibilità: aspettare che esca un vaccino senza questi eccipienti, oppure tentare la somministrazione «ad induzione di tolleranza».

Il vaccino è somministrato a dosi crescenti, a degli intervalli di 15 minuti per un totale di cinque passaggi, così da avere alla fine la dose totale di vaccino. Questo aiuterebbe il paziente a tollerare la molecola per cui è allergico.

Il vaccino Janssen di Johnson & Johnson sembrava poter essere la soluzione, ma si è poi scoperto non essere davvero adatto proprio a tutti. Salvadé spiega il problema: «Essendo un vaccino con un vettore virale, come Astra Zeneca, è stato messo in legame con malattie trombo-emboliche venose e embolie polmonari».

La soluzione potrebbe essere un nuovo vaccino

Un nuovo vaccino, come ad esempio quello di Novavax, potrebbe risolvere i problemi di molti pazienti allergici, ma non è ancora chiaro quando e se il prodotto arriverà in Svizzera.

E questo nonostante la Confederazione abbia sottoscritto un contratto con l’azienda farmaceutica per la fornitura di 6 milioni di dosi, e il preparato sia già stato omologato da diversi Paesi e dall’Agenzia europea per i medicinali (EMA).

Per capire allora a che punto è lo sviluppo dei nuovi vaccini, la RSI è andata a fare visita a Alessandro Ceschi, primario dell’Istituto di scienze farmacologiche dell’EOC, nel suo ufficio dell’Ospedale Civico di Lugano. È proprio al Civico che vengono somministrati i vaccini alle persone che rischiano di sviluppare una reazione allergica.

«Dall’inizio della campagna vaccinale in Svizzera, quindi a fronte di ormai quasi 15 milioni di dosi somministrate, abbiamo registrato 56 casi di reazioni anafilattiche gravi in Svizzera», spiega Ceschi. 

E Novavax? «So del pre-accordo che è stato preso per avere le dosi di questo vaccino. Da quello che sono le informazioni di cui dispongo, la ditta non ha sottomesso una richiesta di omologazione e quindi non ci può essere una decisione di omologazione. Mi auguro che questa sottomissione avvenga prossimamente, perché appunto permetterebbe di disporre di un vaccino che potrebbe essere un’alternativa valida per questi pazienti che purtroppo per controindicazioni di tipo medico non possono venire vaccinati», afferma Ceschi.

Viene quindi da chiedersi se quello svizzero sia ancora visto come un mercato attrattivo dalle case farmaceutiche. «Penso che solo la ditta potrebbe dare una risposta di questo tipo. Non è da escludere che ci siano anche delle considerazioni di potenziale di bacino di utilizzatori. Se facciamo un paragone con gli Stati Uniti, una singola sottomissione di richiesta di omologazione all’FDA americana equivale a poter eventualmente utilizzare il vaccino su una popolazione di 300 milioni di individui. I paragoni con la Svizzera sono evidenti», spiega Ceschi.

Un certificato per le persone allergiche

La speranza di Daniela è una: «Sto aspettando una telefonata dall’allergologo che mi dica "Daniela questo è il vaccino che può andare bene per te"».

Difficile dunque dare garanzie a Daniela e agli altri pazienti allergici sull’arrivo imminente di un nuovo vaccino. C’è qualcosa che però renderebbe loro la vita meno complicata nell’attesa: «A me piacerebbe che ci fosse un certificato dove abbiamo dei privilegi, da non doverci testare in continuazione, come succede in altri Paesi», dice Daniela. 

C’è poi un altro aspetto che fa pensare a una discriminazione nella discriminazione. La Confederazione in assenza di sintomi rimborsa agli allergici i tamponi rapidi, come per tutti del resto, ma non i PCR. «Penso che per noi dovrebbe essere gratuito tutto, le casse malati potrebbero pagare anche per il PCR, è anche più sicuro per tutti alla fine», dice Daniela.