COVID-19 Virus sparito? Bernasconi: «Affermazione incauta, c'è eccome»

SwissTXT / pab

2.6.2020

Il responsabile del servizio malattie infettive dell'Ente ospedaliero cantonale Enos Bernasconi
Il responsabile del servizio malattie infettive dell'Ente ospedaliero cantonale Enos Bernasconi
archivio Ti-Press

«Il virus dal punto di vista clinico non esiste, qualcuno terrorizza il Paese». «Affermazione incauta, se non pericolosa». Lo scontro, perlomeno di vedute, è l’ultimo della serie nel mondo scientifico sul tema coronavirus.

Il professor Alberto Zangrillo, della prima citazione (rilasciata in un’intervista a Rai Tre), è direttore di Terapia Intensiva al San Raffaele di Milano. Mentre a contestare le sue affermazioni è il professor Enos Bernasconi, responsabile del servizio malattie infettive dell'Ente ospedaliero cantonale.

«Sicuramente quella di Zangrillo – esordisce Bernasconi ai microfoni della RSI – è un’affermazione incauta, se non pericolosa, dato che parte da un’osservazione scientifica preliminare, in cui i colleghi italiani hanno effettivamente trovato, nei pazienti ricoverati più di recente, una quantità inferiore di virus nelle vie respiratorie rispetto a quelli ricoverati in marzo».

Il responsabile del servizio malattie infettive dell'EOC spiega però che si tratta di un’osservazione che può dipendere da molti fattori. «Inoltre - aggiunge - è un qualcosa ancora da confermare da altri lavori e che va quindi interpretato con molta cautela».

Virus più debole?

Zangrillo ha pure affermato che il Sars-Cov 2 è cambiato ed è diventato più debole, ma anche in questo caso manca l’accordo del mondo scientifico: «Oggi si tratta di lavorare su diverse ipotesi e credo che al momento quella più importante sia quella che associa la diminuzione molto importante di casi nel nostro Paese, ma anche in Italia e in altri paesi europei, all’introduzione delle misure di lockdown, distanziamento sociale e di igiene. Non un cambiamento del virus».

Sulle mutazioni del virus, Bernasconi ha inoltre spiegato che lo stesso è stato studiato a fondo e non sono ancora state rilevate mutazioni importanti rispetto al ceppo isolato all’inizio dell’epidemia.

«Ciononostante non si può escludere che sia in corso un processo di adattamento del virus all’uomo che potrebbe condurlo a diventare come uno dei coronavirus che abbiamo già e che circolano di solito in inverno e causano dei banali raffreddori. Dirlo ora è però prematuro», conclude Bernasconi.

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