Nel febbraio di due anni fa gli imputati avevano preparato un piano dettagliato per rapinare una o più gioiellerie in Via Nassa a Lugano, come pure a Gstaad (BE). Erano però stati arrestati a Pregassona prima di poter passare all'azione.
Due dei rapinatori espulsi dalla Svizzera
I tre cittadini serbi, di età compresa tra i 39 e i 44 anni, sono stati giudicati in prima istanza dal Tribunale distrettuale di Zurigo, che li ha riconosciuti colpevoli di tentata rapina e altri delitti. Le condanne sono rispettivamente di cinque, sei e sette anni e mezzo. Oltre alla pena detentiva, la corte ha anche deciso che due di loro saranno espulsi dalla Svizzera per un periodo di 10 e il terzo per 15 anni.
Le condanne sono di poco inferiori alle richieste della pubblica accusa. Le espulsioni saranno iscritte nel sistema d'informazione di Schengen: ciò significa che quando avranno scontato la loro pena definitiva i tre non potranno più entrare in nessun paese dello Spazio di Schengen.
Quarto rapinatore reo confesso
Ieri, durante il dibattimento, gli avvocati della difesa si sono battuti per una pena con la condizionale per il 39enne e per il proscioglimento del 42enne e del 44enne, sostenendo che i tre non sono membri delle «Pink Panther», ma dei semplici turisti del crimine che non sono riusciti a portare a termine le rapine.
In aula i tre – con le manette ai polsi e alle caviglie – hanno negato tutte le accuse. Un quarto membro della banda, pure arrestato a Pregassona, sarà invece processato separatamente perché a differenza dei complici ha confessato la tentata rapina.
Piano preparato meticolosamente
I quattro erano stati sorvegliati per mesi dalla polizia che era anche riuscita a piazzare un microfono nella loro auto, sentendo così i piani riguardanti il colpo nel centro di Lugano. L'atto d'accusa mostra quanto agivano meticolosamente : hanno spiato per giorni i negozi presi di mira, hanno organizzato via internet un appartamento adeguato nei pressi del confine per nascondersi e si sono procurati, a Milano, armi e targhe false.
Prima di passare all'azione avevano effettuato vari viaggi di prova con tre scooter, avevano percorso il centro di Lugano a piedi, controllando la via di fuga, ed avevano visitato a più riprese diverse gioiellerie, in modo da capire quante persone vi lavorassero e quali dispositivi di sicurezza vi fossero. Due di loro hanno inoltre «ispezionato» una gioielleria a Gstaad, dov'era prevista un'altra rapina.
Banda con collegamenti nelle alte sfere
Da anni le cosiddette Pink Panther hanno compiuto, in diverse formazioni, rapine spettacolari in gioiellerie di tutto il mondo. La banda criminale formata da ex militari dei Balcani avrebbe collegamenti fino agli alti livelli in ambienti della politica e della polizia.
Ma perché «Pink Panther» (Pantera rosa)? Il nome fu affibbiato loro dagli inquirenti inglesi in seguito ad un colpo messo a segno nel 2003 a Londra: in quell'occasione i poliziotti di Sua Maestà trovarono una pietra preziosa nascosta in una confezione di crema per il viso, proprio come nel film «La pantera rosa» del 1963. Il nome sembra piacere agli stessi rapinatori, che in alcuni casi hanno indossato delle camicie di color rosa durante le rapine.