Epidemia A Pasqua pochi test, ma la tendenza rassicura. Non ci sono mascherine per tutti

ATS

14.4.2020 - 15:49

Patrick Mathys dell'UFSP durante la conferenza stampa odierna.
Patrick Mathys dell'UFSP durante la conferenza stampa odierna.
Source: KEYSTONE/ANTHONY ANEX

Nei giorni di Pasqua sono stati effettuati pochissimi test rispetto al solito, ma la diffusione del coronavirus in Svizzera sembra in rallentamento.

Così Patrick Mathys, responsabile della sezione di crisi e della collaborazione internazionale presso l'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP), ha commentato le recenti cifre incoraggianti.

«Presumo che domani o dopodomani i casi aumenteranno», tuttavia «si nota una leggera diminuzione delle positività» e tale tendenza è dimostrata anche dai modelli messi a punto dagli esperti, ha detto Mathys nell'incontro odierno con i media a Berna.

«Nessuno comunque osa fare un pronostico preciso» sul decorso futuro, ha aggiunto, ma «pensiamo di esserci messi alle spalle il picco». Stando allo specialista dell'UFSP, il numero di pazienti in terapia intensiva si è stabilizzato attorno a quota 400, mentre i ricoverati in ospedale sono 3000.

La capacità quotidiana di test si aggira attorno ai 15'000 e dovrebbe poter restare sui 10'000 tamponi al giorno sul lungo periodo.

Un ringraziamento alla popolazione

In apertura di conferenza stampa, Mathys ha voluto ringraziare la popolazione per il suo comportamento durante le festività pasquali, nonostante le eccellenti condizioni meteorologiche potessero indurre in tentazione.

In generale «i cittadini si sono astenuti dal compiere grandi spostamenti: hanno capito che serve il loro contributo per uscire dall'emergenza».

Non ci sono mascherine per tutti

Per quel che concerne le tanto chiacchierate mascherine, Mathys ha sottolineato che «possono aiutare a controllare il coronavirus, ma le norme igieniche che da settimane preghiamo di rispettare restano le misure migliori».

Non ha comunque escluso un eventuale utilizzo in determinate condizioni, pur se non c'è chiarezza sulla loro reale incisività nella lotta alla malattia e «ce ne sono ancora troppo poche per consigliare a tutti di metterle». «Sicuramente servono se indossate da persone malate», si è limitato a puntualizzare.

Rientrati 3'700 svizzeri

Hans-Peter Lenz, responsabile del Centro di gestione delle crisi del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), ha informato sullo svolgimento dell'operazione di recupero degli svizzeri rimasti bloccati all'estero a causa del virus. «Con quello atterrato oggi a Zurigo da Lima, il terzo in arrivo dalla capitale del Perù, sono ora 29 i voli» organizzati dalla Confederazione.

I connazionali rimpatriati in totale sono 3700 e ne rimangono «qualche centinaia» intenzionati a rientrare a casa.

Attualmente sta tornando un aereo da Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo, usato all'andata per portare nello Stato africano aiuti umanitari. Questa settimana è previsto un volo combinato da Kiev (Ucraina) e Podgorica (Montenegro), la prossima altri dall'Asia e dall'America Latina.

Calano i soldati in quarantena

Sul fronte dell'esercito, secondo il brigadiere Raynald Droz, capo di stato maggiore del Comando Operazioni, sta calando il numero di soldati in quarantena: sono ora poco più di 500. I contagi confermati in seno alle forze armate sono 185.

I volontari ad aver offerto la propria disponibilità a entrare in servizio sono 3300, ha dichiarato Droz, sottolineando che quelli mobilitati sono 220. L'ufficiale ha ricordato che da oggi i militi hanno di nuovo la possibilità di prendere dei congedi personali. A suo dire l'esercito sta nel frattempo valutando come procedere con le scuole reclute che dovrebbero iniziare in giugno.

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