Epidemia Covid-19, per la task force numeri troppo alti: «La situazione non è sostenibile»

ns, ats

12.11.2020 - 16:26

La Svizzera si trova i una «zona di rischio, da cui deve assolutamente uscire», ha detto  Martin Ackermann, , presidente della task force scientifica Covid-19.
La Svizzera si trova i una «zona di rischio, da cui deve assolutamente uscire», ha detto Martin Ackermann, , presidente della task force scientifica Covid-19.
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Il numero di nuove infezioni da coronavirus in Svizzera conosce una stabilizzazione a un «livello molto elevato». Per gli esperti della Confederazione è una situazione insostenibile: bisogna ridurre i contagi.

Nella ormai consueta conferenza stampa a Berna che fa il punto della situazione sul Covid-19, Virginie Masserey, responsabile della sezione Controllo delle infezioni e programma di vaccinazione dell'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP), Rudolf Hauri, presidente dell'Associazione dei medici cantonali della Svizzera (AMCS), e Martin Ackermann, presidente della task force scientifica Covid-19, hanno invitato una volta ancora la popolazione a rispettare con la massima diligenza le misure volte a ridurre le nuove infezioni, ossia in particolare il cosiddetto distanziamento sociale, l'igiene delle mani e l'autoisolamento.

Svizzera in zona di rischio

Per il professore in microbiologia al Politecnico federale di Zurigo Ackermann, due indicatori suscitano particolare preoccupazione, l'occupazione dei letti nelle terapie intensive e il numero di decessi. Il primo raddoppia ogni dodici giorni, il secondo ogni sette. Malgrado gli altri due dati fondamentali – le nuove infezioni e i ricoveri – si siano stabilizzati, la Svizzera si trova i una «zona di rischio, da cui deve assolutamente uscire».

La zona di rischio concerne prima di tutto gli ospedali – «al ritmo attuale la disponibilità in cure intense sarà esaurita alla fine del mese» -, ma anche la scuola e l'economia.

Dimezzare le infezioni in 15 giorni

Per la task force l'obiettivo, ossia quello di lasciarsi alle spalle l'attuale situazione insostenibile, deve essere quello di dimezzare il numero di infezioni ogni quindici giorni. «Dalle circa 8000 di ieri a meno di 2000 il 10 dicembre», ha detto Ackermann.

La Svizzera con un tasso di positività dei test tra il 20% e il 30% è nettamente al di là delle raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che per garantire un controllo dell'evoluzione della pandemia preconizza una soglia di al massimo il 5%, ha aggiunto l'esperto.

Con il tasso di contagiosità attuale, detto Rt, pari a 0,86, per il dimezzamento occorrono 25 giorni; 16 con un Rt di 0,8. Per raggiungerlo «dobbiamo intensificare i nostri sforzi», altrimenti saranno necessarie nuove misure.

Ma quali? Il presidente della task force scientifica Covid-19 ha detto che non è compito degli esperti definirle. Toccherà all'UFSP stabilirle a tempo debito. Masserey oggi in conferenza stampa non si è pronunciata.

Festeggiare Natale con prudenza

Il presidente della AMCS Hauri, medico cantonale di Zugo, ha indicato che i dati più recenti dal tracciamento dei contatti continuano a indicare che i principali focolai infettivi sono le riunioni famigliari e le piccole manifestazioni.

Ha quindi pure lui invitato alla massima prudenza, in particolare per le festività di fine anno e per lo svago dopo una giornata sulle piste da sci. «Ma il Natale si può festeggiare, con un po' di prudenza coi nonni», ha detto.

Romandia e Ticino più toccati che la Svizzera tedesca

Masserey, responsabile della sezione Controllo delle infezioni all'UFSP, ha insistito sull'importanza di mettersi in autoisolamento e invitato i potenziali contagiati a informare prontamente le persone con cui sono state in stretto contatto, senza aspettare le indicazioni da parte delle autorità cantonali. «Le indennità per perdita di guadagno sono versate anche senza» tali indicazioni, ha ricordato.

La Svizzera non è affatto omogenea di fronte al coronavirus. Le infezioni sono particolarmente abbondanti in Romandia, sempre più in Ticino, e molto meno frequenti nella Svizzera tedesca. Questa distribuzione rimane «un mistero», ha detto Masserey. Un fattore, ma che da solo non basta come spiegazione, potrebbe essere l'elevata incidenza del morbo in Francia all'inizio della seconda ondata.

Esercito: richiesta dal Ticino

Ed è proprio in Romandia che attualmente sono già impiegati 500 militari in appoggio. Una richiesta dal Ticino è attualmente in fase di valutazione, ha riferito il divisionario Yvon Langel, comandante della divisione territoriale 1, che comprende i sei cantoni romandi e quello di Berna.

Dei 500 soldati attivi, 300 sono impiegati direttamente nei cantoni che hanno richiesto assistenza. Gli altri 200 sono integrati nella logistica e nello Stato maggiore. L'esercito, che ha potuto contare sull'afflusso di centinaia di volontari e ha mobilitato due compagnie sanitarie, è alla ricerca di personale di cucina.

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