PandemiaSempre più persone con sintomi depressivi a causa del lockdown
falu, ats
14.2.2021 - 15:21
Il semi-confinamento attuato nella Confederazione è «ipertossico» per la salute mentale degli svizzeri. Lo scrive oggi il domenicale romando «Le Matin Dimanche».
In media, circa il 18% dichiara di avere sintomi depressivi gravi, mentre in Ticino la quota si aggira al 16,1%. Preoccupa in particolare la sofferenza tra i giovani.
Le chiusure prolungate, le limitazioni e le continue misure restrittive imposte dalle autorità stanno mettendo a dura prova tutta la popolazione negli ultimi mesi. Il settimanale del gruppo Tamedia, riprendendo alcuni studi, ha oggi dedicato un approfondimento sul tema.
L'Università di Basilea a fine dicembre ha pubblicato lo «Swiss Corona Stress Study», basato sulle risposte di circa 11'000 persone, dal quale emerge che «la percentuale di persone con gravi sintomi depressivi era del 3% prima del confinamento. È salita al 9% in aprile, dopo la prima ondata, e ha raggiunto il 18% in novembre».
Secondo Dominique de Quervain, professore all'ateneo renano e membro della Task Force della Confederazione, citato dal domenicale, «la percentuale di persone che riportano uno stress massimo era dell'11% ad aprile ed è salita al 20% nella seconda ondata di novembre».
Circa uno svizzero su cinque si considera in uno stato di massimo stress: ciò soprattutto tra i romandi (22,3%), che nel corso dell'autunno hanno vissuto un vero e proprio lockdown, mentre la quota è inferiore – ma comunque elevata – in Svizzera tedesca (16,9%) e in Ticino (16,1%).
Il fenomeno è molto più pronunciato tra i giovani. Secondo lo studio renano, il 29% dei 14-24enni e il 21% dei 25-34enni riportano gravi sintomi depressivi. Al contrario, solo il 6% degli over 65 – che hanno più probabilità di morire per conseguenze legate al Covid – mostrano sintomi depressivi.
Autorità avvisate del pericolo
I professionisti della salute mentale hanno anche cercato di avvertire le autorità, spiega il domenicale romando. «Abbiamo l'impressione che tutti gli indicatori di gravi disturbi mentali siano in aumento», afferma Stephan Wenger, co-presidente della Federazione svizzera delle psicologhe e degli psicologi, citato nel giornale."È importante sapere – aggiunge – che in Svizzera non possiamo normalmente curare tutti quelli che hanno bisogno di aiuto».
Insieme ai suoi colleghi, Wenger ha scritto al Consiglio federale per ricordare che «il mancato trattamento per tempo di queste malattie avrà conseguenze disastrose». Esse, sottolinea, «provocano già ogni anno miliardi di costi all'economia e alle assicurazioni sociali».
«Le Matin Dimanche» cita anche l'epidemiologo francese Martin Blachier, secondo cui un terzo confinamento avrebbe un impatto ben maggiore sulla salute mentale rispetto a quello del Covid. È dunque opportuno chiedersi, scrive il giornale, se il rimedio non sia peggiore della malattia.
A differenza della scorsa primavera, quando le restrizioni erano state imposte in piena pandemia, attualmente le misure sono prese a titolo preventivo, «sull'ipotesi di una variante che annuncia l'apocalisse», dice Blachier, aggiungendo che «sarebbe più saggio confinare solo se c'è una reale necessità. Se la pandemia riprende, piuttosto che confinare per paura di qualcosa che non capiamo».
Misure necessarie
Nonostante gli avvertimenti degli effetti dannosi del confinamento, Dominique de Quervain rimane convinto che, «senza misure, la pandemia diventerebbe totalmente incontrollabile, con conseguenze drammatiche sulla salute mentale». Secondo il professore dell'Università di Basilea, è dunque necessario contrastare il più possibile gli effetti collaterali e secondari delle misure imposte dalle autorità.
Secondo uno studio pubblicato negli scorsi giorni dall'organizzazione Dipendenze Svizzera, «la pandemia influenzerà la salute mentale ancora per molto tempo», poiché dallo scoppio della crisi sanitaria sono apparsi nuovi gruppi a rischio fra la popolazione elvetica.
In questo periodo fuori dal comune, molti sono stati sottoposti a traumi e stress inconsueti ed estremi, scriveva due giorni fa l'associazione. A corto termine, alcuni si sono rifugiati nell'alcol, nelle droghe, nei farmaci oppure nel gioco d'azzardo online.
I più esposti sono quelli che hanno dovuto confrontarsi in prima persona col coronavirus. I gruppi a rischio dipendenze sono però rimpolpati anche da chi corre un pericolo di essere contagiato superiore alla media, come il personale sanitario, quello dei trasporti o quello della vendita. Particolarmente minacciati pure i malati gravi, chi non può assistere le persone care e chi subisce l'impatto economico della pandemia.