Digitale & Lifestyle Attività fisica: previene circa 4 milioni di morti premature all’anno

CoverMedia

6.7.2020 - 16:08

Two sportive young women stretching in park

When: 13 Feb 2018
Credit: Josep Suria/Westend61/Cover Images
Two sportive young women stretching in park When: 13 Feb 2018 Credit: Josep Suria/Westend61/Cover Images
Source: Josep Suria/Westend61/Cover Imag

Svolgere esercizi può letteralmente salvarci la vita. Vediamo perché.

Tutti sappiamo che una regolare routine di fitness fa bene al fisico così come alla mente. Ma secondo gli scienziati dell’Università di Cambridge e di Edimburgo, UK, l’attività fisica può addirittura salvarci la vita. Per l’esattezza, prevenire circa 4 milioni di morti premature all’anno in tutto il mondo.

«Da sempre consideriamo i lati negativi del non svolgere abbastanza attività fisica, che si tratti di sport, di palestra, o solo di una passeggiata veloce durante la pausa pranzo», ha detto la dottoressa Tessa Strain della MRC Epidemiolgy Unit, presso l’università di Cambridge. «Ma se ci concentriamo nel numero di vite salvate, possiamo dare una notizia positiva sul traguardo che è stato già raggiunto. Per esempio dicendo: “Guarda quanti benefici offre l’attività fisica. Facciamo ancora meglio e aumentiamo di livello!”».

Per la ricerca, il team della dottoressa Strain ha analizzato i dati relativi agli individui di 168 paesi del mondo, calcolando la porzione della popolazione totale che riusciva a svolgere 150 minuti (come minimo) di attività aerobica moderata alla settimana, o 75 minuti di attività intensa (come raccomandato dalle linee guida degli esperti).

In linea con questi risultati, la dottoressa ha analizzato il rischio di morte prematura degli individui attivi rispetto a quelli sedentari, calcolando la percentuale di morti premature prevenute grazie ad uno stile di vita attivo e dinamico.

Secondo i risultati, i decessi sono calati in media del 15%, 14% per le donne e 16% per gli uomini, per un totale di 3.9 milioni di vite salvate all’anno.

La ricerca è stata pubblicata nella rivista scientifica The Lancet Global Health.

Tornare alla home page