Lifestyle Esercizi ad alta intensità: uno slancio di memoria

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5.12.2017 - 16:12

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Praticare regolarmente un’attività fisica vigorosa fa bene al cervello.

Che lo sport faccia miracoli sia per la mente che per il corpo è, anche dal punto di vista scientifico, storia vecchia. Ma secondo i ricercatori della McMaster University, nell’Ontario, Canada, vi sono metodi di allenamento maggiormente in grado di interferire con le nostre capacità mnemoniche: in altre parole, capaci di migliorare la nostra memoria.

Gli scienziati canadesi hanno preso come campione 95 individui sani, a cui è stato chiesto di svolgere una varietà di esercizi fisici combinati ad un training di tipo cognitivo – un vero e proprio allenamento per la mente che può consistere, per esempio, in giochi di lettura, scrittura e calcolo. Ad un altro gruppo, di controllo, non è stato assegnato nessun training.

Secondo i risultati, nei partecipanti che hanno completato un training di 6 settimane composto da esercizi intensi come sedute di HIIT (High Intensity Interval Training, allenamento ad intervalli ad alta intensità) da 20 minuti ciascuna, è stato rilevato un netto miglioramento del livello di memoria rispetto quello del gruppo di controllo. In particolare, gli scienziati parlano di interferenza, ovvero quel tipo di memoria che ci consente di distinguere oggetti simili, per esempio due macchine dello stesso modello e della stessa casa automobilistica.

«Questi risultati sono molto importanti perché la performance dei partecipanti, che erano tutti adulti in salute, è migliorata nel giro di un tempo relativamente breve», ha dichiarato la dottoressa Jennifer Heisz. «I miglioramenti in questo tipo di memoria, dovuti agli esercizi, possono aiutarci a spiegare il legame precedentemente teorizzato tra l’aerobica e una migliore performance accademica».

«Una delle nostre ipotesi è che vedremmo benefici persino maggiori nelle persone più adulte, visto che questo tipo di memoria tende a deteriorare con l’età», ha aggiunto la professoressa Heisz. «Tuttavia, anche la disponibilità di fattori neurotrofici declina con il tempo, dunque potremmo anche non ottenere gli stessi effetti sinergistici».

La ricerca è stata pubblicata nella rivista scientifica Journal of Cognitive Neuroscience.

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