Lifestyle L’aglio contro i batteri e le infezioni croniche

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6.12.2017 - 16:11

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Questo rimedio naturale è in grado di tenere a bada virus e altri seri problemi di salute.

Gli amanti dell’aglio non possono fare a meno di gustarlo in abbondanza in ogni loro ricetta culinaria, ma questo delizioso bulbo è noto anche per le sue portentose proprietà curative: non per nulla è considerato l’antibiotico naturale per eccellenza.

Un gruppo di scienziati presso l’Università di Copenaghen, in Danimarca, hanno scoperto che un composto chimico contenuto nell’aglio, chiamato ajoene, combinato ad un ciclo di antibiotici, può combattere la riproduzione e la diffusione dei batteri. Questo processo avviene grazie all’abilità dell’ajoene di alterare la genetica del microbo che, altrimenti, si attaccherebbe ai tessuti umani causando infezioni.

In particolare, gli scienziati hanno analizzato lo Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA) e altre condizioni genetiche come fibrosi cistiche e lesioni cutanee croniche, comuni nei pazienti che soffrono di diabete.

«Crediamo fermamente che questa scoperta possa condurci al trattamento di pazienti che, fino ad ora, non hanno avuto prospetti positivi», ha dichiarato il leader del team di ricerca e autore dello studio professor Tim Holm Jakobsen. «Le infezioni croniche come le fibrosi cistiche possono essere molto pesanti, ma ora il nostro team, in collaborazione con una ditta privata, possiede le conoscenze necessarie per sviluppare un farmaco a base di questo composto dell’aglio, da testare direttamente sui pazienti».

Oltre allo Staphylococcus aureus, il team ha preso in analisi anche un altro bacillo chiamato Pseudomonas aeruginosa.

«Il composto dell’aglio è in grado di combattere entrambi i batteri simultaneamente, e dunque rappresenta un medicinale più efficace, quando assunto in combinazione con l’antibiotico».

Secondo passate ricerche, l’aglio è ottimo anche per abbassare il livello di colesterolo e di zuccheri nel sangue, per regolare la pressione e rafforzare le difese immunitarie.

La ricerca è stata pubblicata nella rivista scientifica Nature Scientific Reports.

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