Digitale & Lifestyle Lampade: una delle pratiche di bellezza più pericolose

CoverMedia

12.12.2018 - 16:10

Source: Covermedia

Un nuovo studio mette in luce una forte connessione tra le reti sociali e la pratica di dannose attività estetiche.

Cercare informazioni online può essere assai pericoloso per la nostra salute, sostengono gli scienziati della Pennsylvania State University, USA.

In particolare, parliamo della forte tendenza di un’alta percentuale di giovani donne ad ignorare i rischi di alcune pratiche di bellezza, in primis l’abbronzatura con le lampade, dannosa per la pelle poiché altamente cancerogena, eppure assai comune tra le ragazze e popolarissima sui canali social.

«Stiamo provando a capire la vera ragione per cui le giovani donne decidono di sottoporsi a queste sedute nonostante siano pienamente consapevoli ed informate sui rischi», ha dichiarato la dottoressa Jessica Myrick, della Penns. «Queste ragazze conoscono bene il legame tra le lampade e il cancro alla pelle, eppure continuano a farlo. Noi abbiamo cercato di capire se l’uso delle reti sociali, e in particolare l’uso che ne fanno le ragazze al fine di ottenere informazioni relative all’ambito della salute e della bellezza – e anche il modo in cui ne parlano con amici e parenti - possa influenzare queste convinzioni sui rischi associati ai lettini e alle lampade abbronzanti».

Secondo i ricercatori, le donne che tendevano ad abbronzarsi di più nei solarium erano anche quelle che ricercavano più informazioni di bellezza e salute sulle piattaforme sociali. Quelle che invece leggevano articoli riguardanti questo tema sulle riviste specializzate avevano una maggiore comprensione dei rischi immediati associati all’abbronzatura con le lampade.

Secondo un report della Organizzazione mondiale della sanità (OMS), chi ha fatto una lampada una volta nella vita ha il 20% di probabilità in più di ammalarsi di melanoma, uno dei tumori della pelle più frequenti sia nelle donne che negli uomini. In Italia è il terzo tumore nelle persone sotto i 49 anni ed è responsabile di oltre 10mila nuovi casi ogni anno.

La ricerca è stata pubblicata per intero nella rivista scientifica Journal of American College Health.

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