Digitale & Lifestyle Latte di capra in polvere: benefico per l’intestino dei neonati

CoverMedia

5.7.2019 - 16:08

16 month old baby girl drinking a bottle of milk in the morning.

When: 13 Sep 2007
16 month old baby girl drinking a bottle of milk in the morning. When: 13 Sep 2007
Source: Covermedia

Questa formula contiene dei prebiotici importanti per il microbiota umano.

Quando le mamme non possono allattare il loro bimbo, normalmente si ricorre al latte in polvere. In queste formule sono presenti delle sostanze che sostituiscono le proprietà del latte materno, importanti per lo sviluppo e la crescita del neonato, così come per la prevenzione di infezioni a livello intestinale.

Secondo gli esperti, una validissima alternativa è il latte di capra in polvere, più vicino a quello umano sotto numerosi punti di vista, e in particolare per la presenza di oligosaccaridi, un tipo di prebiotico che stimola la crescita dei batteri «buoni» nell’intestino e protegge contro quelli «cattivi».

A seguito dell’analisi di questa formula, gli scienziati della RMIT University hanno rilevato ben 14 prebiotici oligosaccaridi nel latte di capra: 5 sono presenti anche nel latte materno.

«I nostri risultati indicano che la formula del latte di capra in polvere potrebbe possedere dei prebiotici e delle proprietà antinfiammatorie molto potenti, che possono proteggere i neonati contro le infezioni gastrointestinali», ha dichiarato Harsharn Gill, professore all’università. «Lo studio indica che i prebiotici oligosaccaridi nel latte di capra in polvere sono efficaci nella promozione selettiva della crescita dei batteri buoni nell’intestino».

Si oppongono invece alla crescita di batteri patogeni come il dannoso E. coli, che attacca le cellule intestinali. Circa un caso su tre di diarrea, nei bambini piccoli, è attribuito a questo batterio «cattivo».

«I risultati in laboratorio sono molto promettenti», continua il professore. «Ma ora sono necessarie ulteriori ricerche e test clinici per confermare i benefici del prodotto sui neonati».

La ricerca è stata pubblicata nella rivista scientifica British Journal of Nutrition.

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