Digitale & Lifestyle Mamme che tornano al lavoro: più memoria durante la vecchiaia

CoverMedia

24.7.2019 - 16:09

Boy sitting on his mother's lap and looking at a tablet while his mother is working on a laptop

When: 21 Feb 2018
Credit: Steve Brookland/Westend61/Cover Images
Boy sitting on his mother's lap and looking at a tablet while his mother is working on a laptop When: 21 Feb 2018 Credit: Steve Brookland/Westend61/Cover Images
Source: Steve Brookland/Westend61/Cover

Secondo un nuovo studio, le probabilità di un declino cognitivo sono più alte per le donne che restano a casa dopo la gravidanza.

Le neomamme che rientrano in ufficio dopo la nascita del loro bimbo godranno di una buona memoria verso i 60-70 anni.

Lo riportano i ricercatori dell’Università della California, secondo cui il rischio di un declino cognitivo aumenta del 61% per le donne che, a seguito della gravidanza, decidono di restare a casa.

Il team ha analizzato i dati relativi a 6.386 donne nello studio chiamato Health and Retirement Study, effettuato negli Stati Uniti. Le partecipanti, tutte nate tra il 1935 e il 1965, dovevano riportare il loro status professionale, e se fossero sposate o avessero avuto bambini tra i 16 e i 50 anni.

Secondo i risultati, una volta compiuti i 60 anni, le donne che avevano avuto un impiego retribuito tra gli anni della gioventù e la mezza età manifestavano meno problemi di memoria più avanti nella vita. Per le partecipanti che si erano sposate ed avevano avuto figli, ma che non avevano lavorato dopo, il declino delle funzioni mnemoniche avanzava più rapidamente, del 61% rispetto alle prime. Come le prime, anche le donne che non avevano avuto figli, ma che continuavano a lavorare, godevano di una memoria più sana.

La percentuale più preoccupante è stata rilevata per le madri single che non avevano un impiego retribuito: per loro il declino avveniva dell’83% più velocemente.

Attualmente, la demenza affligge più di 850mila persone solo negli USA e nel Regno Unito, con circa 6 milioni di persone che convivono con malattie che affliggono la memoria, secondo i dati riportati dall’Alzheimer Society e dall’American Speech-Language-Hearing Association. In Italia sono oltre 600mila le persone che soffrono di Alzheimer.

La ricerca è stata presentata nella conferenza scientifica dell’Alzheimer Association International Conference di Los Angeles.

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